La storia della città di Neapolis è un ponte che collega l’età greca a quella romana nel Sud Italia. Tale “passaggio di testimone” è evidente anche negli aspetti più pratici: in particolar modo, le monete di Neapolis rappresentarono un primo modello per la monetazione romana.
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I primi esemplari: il quinto secolo
Partendo dalle origini, la zecca di Neapolis fiorì molto presto: nel 470 a.C., presumibilmente, essa era già attiva. Le prime monete che si possono osservare presentano al dritto sempre una testa femminile, per lo più la sirena Parthenope, e al rovescio un toro con volto umano, probabilmente rappresentazione del fiume Acheloo, il padre delle Sirene.
Le prime influenze, si può intuire, erano proprio magno-greche: i più grandi maestri nella rappresentazione di teste femminili erano i siracusani, mentre gli abitanti di Posidonia erano esperti incisori di tori.
L’influenza ateniese
Dalle fonti letterarie, sappiamo che la città di Neapolis subì intense influenze ateniesi attorno alla metà del V sec. a.C. Questa presenza ateniese comportò due conseguenze: da un lato vi fu una rifondazione della nea polis e del culto della Sirena in senso ceralicolo; dall’altro, si verificò un cambiamento anche nell’iconografia delle monete.
A partire dal 450 a.C., infatti, la Sirena scomparve dal dritto delle monete, lasciando il posto alla testa di Atena e, successivamente, anche Acheloo fu sostituito sul rovescio da una spiga di grano. L’interpretazione è chiara: gli Ateniesi si erano interessati alla piana campana perché fertile di grano, e per questo avevano mandato lo stratega Diotimo a stringere amicizia con Neapolis.
L’influenza delle popolazioni campane
Alla fine del V sec., il territorio napoletano fu invaso dalle popolazioni campane, oschi e sanniti, che fecero capitolare addirittura la grande città di Cuma. La presenza di queste genti nelle città di origine greca lasciò tracce anche nella coniazione delle monete di Neapolis. In particolar modo, la zecca della città campana divenne la principale nel Sud Italia, e iniziò a emettere monete con lettere osche, o con nomi di popolazioni che noi non conosceremmo altrimenti.
Alessandro il Molosso in Magna Grecia
Il IV sec. fu costellato da altre importanti invasioni, partite però dalla Grecia stessa. Specialmente Alessandro il Molosso, zio materno di Alessandro Magno, si propose di replicare ad Occidente le imprese che il nipote stava accumulando in Oriente: nel 335 a.C., così, con la scusa di venire in soccorso alla città di Taranto, entrò in conflitto con molte popolazioni della Magna Grecia, nel tentativo di creare uno stato unitario nel Sud Italia.
L’intervento di Alessandro il Molosso nella penisola influenzò anche la monetazione: esattamente come i primi sovrani ellenistici, anche il re dell’Epiro commissionò monete che riportassero il suo volto, segno di potere e autorità.
Tale fenomeno riguardò specialmente il profondo sud dell’Italia, mentre le zecche campane, pare, non ne subirono l’influenza; al contrario, le monete di Neapolis divennero modello per le altre città della regione. Le zecche minori fallirono, mentre quella napoletana visse una nuova stagione d’oro: monete molto simili tra loro si ritrovano, infatti, a Neapolis, a Cales, a Suessa e a Teano, tutte future grandi città romane.
La monetazione romano-campana
Ed è proprio con l’avvento dei Romani che, paradossalmente, la zecca campana non fallì, ma raggiunse la massima importanza. Roma, che non aveva sviluppato ancora un sistema di monetazione preciso, quando occupò Neapolis nel 326 a.C. non poté che restare influenzata dalle maestranze della Magna Grecia. È per questo che, quando si definiscono le origini della moneta romana, si parla di monetazione romano-campana.
Le prime monete di Roma, dunque, furono battute proprio a Neapolis. Le loro caratteristiche, infatti, seguono in toto il sistema greco: sono didrammi d’argento o litre di bronzo, incisi palesemente da artisti greci e con figure del mito greco. L’unica differenza con le monete precedenti? Le nuove monete di Neapolis riportano una legenda, cioè una scritta, al rovescio: ROMAION (“dei Romani” in greco), poi ROMANO (in lingua latina) e infine ROMA.
Il messaggio è chiaro: la città di Neapolis conia monete sì autonomamente, ma lo fa in quanto sottomessa a Roma.
Il sistema monetario romano-campano non fu una semplice parentesi nella storia di Roma: i didrammi greci furono sostituiti dal denario tutto romano solo durante la Seconda guerra punica. La dipendenza dei Romani dalla zecca di Neapolis durò dunque circa un secolo.
Le monete di Neapolis: testimone storico
Da questa breve dissertazione si deduce dunque che le monete non rappresentano solo un prodotto artistico, ma un vero e proprio testimone storico: influenzate dal mito, dalle vicende belliche o da grandi personaggi della storia, le monete riflettono a tutti gli effetti una civiltà con la sua cultura, la sua propaganda e la sua ideologia. Anche in questo non fa eccezione la città di Neapolis, che con le sue monete ci racconta il lungo passaggio dall’influenza greca a quella latina, base della nostra identità.
Alessia Amante
Bibliografia:
- Herbert Adolph Cahn, “La moneta greca e romana”