Nel corso della sua carriera, Guillermo del Toro ha dimostrato di essere un autore completo, dotato di un grande senso estetico e della capacità di sviluppare una poetica personale attraverso generi considerati più commerciali che artistici. Ogni lavoro del regista messicano mostra d’altronde come, prima ancora che un regista, lui sia un appassionato di cinema, di fumetti e di tutte le storie che questi mezzi possono raccontare. Anche La forma dell’acqua conferma questa osservazione.
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La forma dell’acqua: la storia
Baltimora, 1962: Elisa è una ragazza muta che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio del governo. Un giorno viene trasportata con la massima segretezza una creatura anfibia mai vista prima rinvenuta in Amazzonia. Militari, scienziati e governativi sono decisi a studiarla per trovare dei nuovi modi per fronteggiare la nemica Unione Sovietica. Elisa invece, spinta da pietà e curiosità, si avvicina a lei con gentilezza e i due iniziano a comunicare.
Non solo un fantasy
Nel 2006 usciva quello che è oggi considerato uno dei migliori film del regista: “Il labirinto del fauno”. In quella pellicola, del Toro usava una fiaba fantastica come specchietto per le allodole per poter raccontare la drammatica storia di una famiglia di ribelli perseguitata dal regime di Francisco Franco nella Spagna degli anni ’40. War movie, dramma e fantasy si mescolavano alla perfezione creando un film dalle molteplici chiavi di lettura.
Con “La forma dell’acqua”, il regista messicano rinnova questa formula sperimentando e omaggiando ancora più generi. Se Elisa e il mostro sono i protagonisti di una dolcissima storia d’amore a tinte fantasy, la scelta di ambientare il film durante la Guerra Fredda permette a del Toro di inserire una sottotrama spionistica assolutamente credibile. La creatura richiama la mente alle atmosfere dell’horror classico, dato che le sue sembianze derivano sì dall’Abe Sapien di “Hellboy”, ma soprattutto dal mostro della laguna nera del 1954. Chiude il tutto una deliziosa scena ispirata agli spettacoli musicali degli anni ‘50/’60, costantemente presenti nel film, con la quale del Toro sembra fare il verso al ballo del Classico Disney “La bella e la bestia”.
Il narratore Guillermo del Toro
“La forma dell’acqua” non è però un puro e semplice esercizio di stile: del Toro è, in primo luogo, un narratore, e come tale non perde mai di vista il racconto e i suoi personaggi. La vicenda scorre sinuosa attraverso lunghe vicende pacate ed eleganti, accompagnate dalla stupenda colonna sonora di Alexandre Desplat, e alcuni momenti decisivi che permettono lo sviluppo della trama.
Nelle due ore del film, questi punti di svolta sono però decisamente rari. A del Toro non servono una storia troppo intricata o una moltitudine di colpi di scena per coinvolgere lo spettatore: lui preferisce sedurlo con la delicatezza dell’amore tra Elisa (la bravissima Sally Hawkins) e il mostro interpretato da Doug Jones e con la caratterizzazione dei suoi personaggi, non solo i protagonisti ma anche tutti i comprimari, da Giles e Zelda, l’amico e la collega di Elisa interpretati rispettivamente da Richard Jenkins e Octavia Spencer, allo scienziato Hoffstetler (Michael Stuhlbarg).
La forma dell’acqua: la solitudine del diverso
Del Toro ambienta la sua storia in un’America complessa e colma di ipocrisie, un paese che sta conoscendo un enorme sviluppo economico e tecnologico ma in cui solo poche categorie di individui possono goderne i benefici, un paese che si concentra sullo scontro con il nemico esterno mentre per le strade la gente manifesta violentemente per ottenere dei diritti fondamentali, un paese in cui i poster pubblicitari raccontano di inesistenti famiglie felici che nel privato nutrono rancori e insoddisfazioni.
Qui si muovono i protagonisti de “La forma dell’acqua”, personaggi che, per un motivo o per un altro, sono considerati “diversi” in un mondo in cui la figura dominante è quella dell’uomo bianco, forte e virile. Tutti gli altri sono outsider: non soltanto il mostro e la muta, ma anche il nero, la donna delle pulizie, l’omosessuale e persino l’intellettuale.
Uomini e donne diverse dalla massa, ma anche angosciati da una profonda solitudine: Zelda è prigioniera di un matrimonio squallido con un uomo che non le parla più, Giles vive in un piccolo appartamento con i suoi gatti e trova sollievo dalla sua insoddisfacente vita lavorativa e sentimentale soltanto passando il tempo con Elisa, mentre lo scienziato Hoffstetler, realmente affascinato dalla creatura, è costretto a combattere da solo contro i militari della base, individui ancora una volta violenti, inetti e dall’ego smisurato.
La forma dell’acqua: un successo
“La forma dell’acqua” è un film che rispecchia pienamente lo stile e la poetica di Guillermo del Toro: una pellicola dove il fantastico serve a esprimere messaggi sociali e politici legati al mondo reale e l’opera di un regista fortemente “nerd” che gira film di genere in grado di vincere i premi dei più importanti festival del cinema.
Davide Proroga