Le fatiche sono terminate! Seppur non di fatto, Ercole è libero dalla schiavitù di Euristeo. Nelle fatiche, l’eroe aveva avuto anche modo di partecipare alla gigantomachia, e di mettere così in mostra le sue doti fisiche ed atletiche davanti agli dei, portandoli di fatto alla vittoria. In ogni modo le gesta di Ercole continuarono anche dopo quest’esperienza.
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Il ritorno a Tebe: Iole ed Ifito
Ercole ritornò così a Tebe e diede in sposa la trentatreenne Megara al nipote sedicenne Iolao, mentre lui si mise alla ricerca di una donna più giovane. In Ecalia, nel sud-ovest del Peloponneso, il re Eurito promise in sposa la figlia Iole all’arciere che l’avesse sconfitto in una gara al tiro con l’arco. Il re era invincibile nelle gare per via dell’arco, un dono di Apollo nonché suo precettore. Ercole però lo batté facilmente.
Dopo aver saputo però che l’eroe aveva ripudiato Megara dopo averle ucciso i figli, Eurito, ubriaco, prima gli negò la mano di Iole per paura della sua incolumità, poi cacciò Ercole dal palazzo in malo modo. L’eroe giurò così vendetta.
Poco tempo dopo, dodici cavalle e dodici mule di Eurito furono rubate. Ifito, il maggiore dei figli del re, seguì le tracce degli armenti sino a Tirinto, luogo dove risiedeva Ercole. In realtà fu Autolico (padre biologico di Odisseo) a rubare gli armenti per poi rivenderli all’ignaro eroe. Il ragazzo incontrò Ercole e gli descrisse il bestiame rubato, lui però capì solo di essere accusato di furto, così lo invitò a seguirlo sulle mura del palazzo e lì, in un impeto d’ira, lo uccise facendolo cadere nel vuoto.
Scontro con Apollo ed esilio in Lidia
Le gesta di Ercole continuarono presso Neleo, re di Pilo, a cui l’eroe chiese di purificarlo per il crimine contro Ifito, ma questi rifiutò perché Eurito era suo alleato. Solo Nestore si fece avanti e comunicò a Deifobo di purificare l’eroe ad Amicle in Laconia a sud dell’Arcadia nel Peloponneso.
Perseguitato dagli incubi notturni, Ercole si recò a Delfi dalla Pizia Senoclea per liberarsi da questo rimorso. La sacerdotessa però si rifiutò di aiutarlo perché aveva ucciso un ospite a casa sua, quindi si trattava di un peccato troppo grande per poter essere purificato.
Ercole così in preda all’ira spogliò il tempio delle offerte volitive e gettò via il tripode dove la Pizia si sedeva.
Intervenne direttamente Apollo e ci fu uno scontro violentissimo tra i due sino a quando intervenne Zeus a dividerli con la folgore e li costrinse alla pace.
“Per liberarti dal tuo tormento, dovrai servire come schiavo per un anno intero, ed il prezzo della tua schiavitù sarà offerto ai figli di Ifito. Zeus è furibondo perché hai violato le leggi dell’ospitalità” disse Senoclea.
“Di chi dovrò essere schiavo?” replicò l’eroe.
“La regina Onfale di Lidia ti comprerà” rispose la veggente.
“Obbedisco, ma un giorno ridurrò in schiavitù l’uomo che ha fatto ricadere sulla mia testa questa sofferenza, e con lui tutta la sua famiglia!” sentenziò Ercole.
Ercole ed i Cercopi
Come predetto da Senoclea, Ercole fu venduto da Ermes come schiavo per tre talenti d’argento alla regina Onfale. Il ricavato andò ai figli di Ifito, ma il nonno Eurito disse di non accettarlo perché il sangue si doveva pagare solo col sangue.
Anche in questo periodo, le gesta di Ercole per conto della regina furono molto celebrate dal mito greco. La più “nota” fu quella della cattura dei Cercopi, figli di Oceano e Teti. Costoro erano dei burloni a cui piaceva fare scherzi e, allo stesso tempo, erano i ladri più raffinati che l’umanità avesse mai conosciuto.
Un giorno presero di mira Ercole il quale, infuriato, li legò a testa in giù appesi ad una pertica che portava sulla spalla. Improvvisamente essi cominciarono a ridere fragorosamente per via del colore del sedere dell’eroe diverso rispetto al corpo: aveva le natiche nere come il cuoio vecchio perché bruciato dai raggi del sole, che la pelle di leone non riusciva a schermare.
Accortosi di questa ilarità, Ercole mise a terra i due malcapitati, si sedette su una roccia e a sua volta rise per la loro presa in giro tanto che decise di liberarli. Furono poi mutati in scimpanzé perché tentarono di burlarsi di Zeus (lui, al contrario del figlio, non è avvezzo alle battute contro il suo stato divino!)
Le gesta di Ercole in Lidia
Le gesta di Ercole in Lidia si completano contro Sileo, Itone e Litierse di Celene. Il primo catturava gli stranieri e li costringeva a zappare la sua vigna. Ercole gliele sradicò tutte prima di ucciderlo.
Il secondo con alcuni banditi fece incursioni nel regno di Onfale derubando alcuni sudditi. Ercole recuperò le refurtive e distrusse le loro città.
Il terzo accoglieva i viandanti e li sfidava ad una gara di mietitura. Se le loro forze venivano meno, li frustava, poi verso sera li decapitava e nascondeva i corpi dentro a dei covoni intonando lugubri inni. Ercole si recò a Celene dove venne in aiuto a Dafni, un suo caro amico che cercava nel mondo la sua amata Pimplea rapita dai pirati. La trovò tra le schiave di Litierse. Ercole così prese il posto di Dafni, vinse la sfida, decapitò Litierse con una falce e gettò il corpo nel fiume Meandro. Ercole regalò la terra liberata a Dafni e Pimplea come dono di nozze.
Esione e le ragioni del primo conflitto contro Troia
Tra le gesta di Ercole ci fu anche la prima guerra contro Troia. Ecco i motivi: durante il viaggio con Giasone per la spedizione degli Argonauti alla conquista del vello d’oro, l’eroe s’imbatté col re Laomedonte di Ilio che gli promise di donargli i cavalli candidi che Zeus gli aveva come pegno per il ratto di Ganimede (diventato poi coppiere degli dei) se avesse liberato la figlia Esione dal sacrificio che stava per compiere per placare l’ira di Poseidone.
Il dio con Apollo ed Eaco aveva costruito le mura della città di Ilio ma non aveva avuto dal sovrano alcun riconoscimento, né in denaro né con immolazione, e così aveva mandato un mostro marino per deflagrare le coste della città. Un oracolo così predisse che l’unico modo per placare l’ira del dio era quello di sacrificare Esione al mostro. Dopo tre giorni nella pancia dell’animale – tanto che gli costò i capelli -, Ercole riuscì a vincere l’animale e Laomedonte lo ripagò con delle semplici cavalle mortali (in alcune versioni, gli negò il premio pattuito come fatto per Poseidone).
La prima guerra contro Troia
Ercole così partì da Tirinto con diverse navi (18 lunghe navi da 50 remi ciascuna) contro Ilio, appoggiato da diversi campioni dell’epoca come il nipote Iolao, Telamone di Salamina, suo fratello Peleo (padre di Achille), Ecleo e Dimaco.
Sbarcato a Troia, Ercole lasciò Ecleo a guardia delle navi mentre esso stesso guidava i campioni all’assalto della città. Laomedonte, colto di sorpresa, non ebbe il tempo di radunare l’esercito, così distribuì alla popolazione spade e torce e fece correre tutti alla spiaggia per incendiare le navi. Ci fu così una ritirata in mare, mentre Ecleo cadde coraggiosamente per coprire le spalle ai suoi compagni. Ercole però decise di contrattaccare immediatamente per evitare un lungo assedio, Telamone intuì che le mura fossero inespugnabili perché costruiti dagli dei, e così decise di attaccare il lato occidentale del muro, ovvero quello costruito dal padre Eaco.
Telamone riuscì a fare una breccia nelle mura e ad entrare lasciando poi ad Ercole il compito di saccheggiare la città. L’eroe così entrò per primo nella breccia, uccise sia il re Laomedonte che tutti i suoi figli tranne Podarce, l’unico che aveva cercato di dissuadere il padre nel consegnargli le cavalle esatte. Esione fu bottino di guerra per Telamone e divenne la sua concubina. La donna poi pagò un riscatto per ottenere la liberazione di Podarce. Ercole così lo mise sul trono della nuova città che sarebbe risorta e gli fu attribuito un nuovo nome: “Priamo”, ovvero “riscattato”.
Dopo il naufragio a Coo che l’aveva visto coinvolto subito dopo la presa di Troia, l’eroe riuscì a ritornare a Tirinto, dove le gesta di Ercole saranno narrate nei secoli.
Marco Parisi
Bibliografia:
- Robert Graves, I miti greci, Longanesi e C.