Quando guardi un film, per poi doverne scrivere al riguardo, e ti capita di rimanerne sconvolto a tal punto da non sapere neanche da dove iniziare tante sono le emozioni che ti ha suscitato, significa che il suddetto film ha fatto il suo lavoro alla perfezione. Per quanto riguarda chi scrive queste righe, Ready Player One è uno di quei film che, immediatamente dopo la visione in sala, ho deciso di fare mio appena uscirà in Blu-ray, e che rivedrò ripetutamente ancora e ancora sulla mia home console, tra una partita ad Horizon Zero Dawn ed una col mio amato Napoli a Fifa 18.
Diffidate da chi vi dirà che non è così, perché la pellicola diretta da Steven Spielberg (ha davvero tale persona bisogno di ulteriori presentazioni, oltre ad avere il suo nome citato? Ovvio che no, ma mi limito a dire che si tratta del regista de Lo Squalo, Schindler’s List e di E.T. L’Extraterrestre. Fate un po’ voi) e basata sull’omonimo romanzo di fantascienza di Ernest Cline, è un Capolavoro. Sì, con la “C” maiuscola. Ed ecco spiegato di seguito il perché. Partiamo dall’inizio.
Il film narra la storia di Wade Watts (sì, i suoi genitori decisero di chiamarlo così perché sembrava il nome dell’identità segreta di un supereroe, tipo Peter Parker o Bruce Banner), ragazzino sulla ventina che vive nelle cataste dei bassifondi della città di Columbus, in Ohio, in un periodo di piena crisi energetica e di grande inquinamento ambientale. L’anno è il 2045, e l’unica cosa che l’umanità sogna in questo periodo storico è evadere da questa triste e difficile realtà, e riesce a farlo grazie ad OASIS, una realtà virtuale creata dall’ingegnere informatico James Halliday, in cui c’è praticamente tutto: videogiochi, virtual rooms per riunirsi e discutere di cose, enciclopedie attraverso le quali poter carpire tutta la conoscenza del mondo, aule scolastiche (ovviamente sempre virtuali) dove seguire regolarmente le lezioni dei professori attraverso i propri avatar, personalizzabili in tutto e per tutto. Il tutto, senza neanche muoversi da casa. Halliday, in un suo video testamento registrato poco prima di morire, dichiara di aver nascosto al suo interno un easter egg, un segreto di gioco, e chi riuscirà a trovarlo assumerà come premio il controllo di tutta OASIS e l’intera eredità dell’ingegnere miliardario. Ecco perché l’IOI, seconda azienda mondiale nella produzione di software informatici con a capo Nolan Sorrento, attraverso le sue squadre di ricerca, studia l’intera cultura pop anni ’80 che ha plasmato completamente Halliday, per trovare l’egg ed avere quindi il controllo totale di OASIS, e poter di conseguenza imporre le proprie regole, sfruttarla fino al midollo e far pagare tutto il pagabile in denaro contante agli utenti che ne usufruiscono (in pratica, immaginate se Facebook fosse a pagamento. Ecco…).
Tye Sheridan, l’attore che interpreta Wade, fa un lavoro egregio nell’immedesimarsi nel personaggio e nel far innamorare il pubblico ad esso, sebbene il suo aspetto fisico sia un po’ differente da come descritto nel libro, ed il signore che si trova dietro la macchina da presa, che di cinema, come dicevamo, giusto qualcosina ne capisce, non si smentisce e anzi, nonostante anche il romanzo originale sia pregno di citazioni di film, serie tv e (soprattutto) videogiochi degli anni ’80 nonché di citazioni delle opere dello stesso regista di Cincinnati, lo zio Steven, che non è certo un Michael Bay o uno Zack Snyder qualunque (per fortuna), non si atteggia a gran registone con la puzza sotto al naso cercando di dimostrare i muscoli solo con rallenty inutili (in Ready Player One praticamente assenti) ed una fotografia caricatissima e molto patinata. Ma anzi, egli riesce a superare se stesso senza essere superato, dimostrando non solo una grande umiltà che lo contraddistingue da sempre ma anche un grande impegno nello svolgere diligentemente il suo lavoro ed un grande amore e rispetto verso il suo pubblico.
Se siete fan di film fantasy epici, di fantascienza e di videogiochi, Ready Player One vi farà andare letteralmente in estasi. E non solo per via della CGI praticamente perfetta, per la fotografia dosata alla grande che passa dai toni freddi ed opprimenti quando è in scena Ben Mendelsohn che interpreta Nolan Sorrento (uno dei capi di azienda più arroganti, fascisti e stupidi della storia del cinema) a toni più caldi e morbidi che esaltano le eroiche gesta di Wade, Aech, Arthemis e degli altri gunter protagonisti della vicenda, né tantomeno per le carrellate e per i piani sequenza che sembrano girati direttamente da Dio in persona. Quanto piuttosto per il fatto che nel film c’è praticamente tutto. C’è Tracer di Overwatch, videogioco sparatutto cartoonesco MMO sviluppato da Blizzard per tutte le piattaforme da gioco presenti oggi in circolazione, c’è Il Gigante di Ferro (che Spielberg lascia intendere come un altro film gioiellino d’animazione da recuperare a tutti i costi), ci sono i Gundam, c’è Batman, c’è King Kong, riprodotto digitalmente sulla base di quello del primissimo film in bianco e nero del 1933 diretto da Merian C. Cooper e Ernest B. Shoedsack, c’è mecha Godzilla, c’è Shining. Sì, c’è persino una citazione a quello Shining di Stanley Kubrick, basato sul sempreverde romanzo di Stephen King, tanto odiato dall’autore del romanzo originale, il quale molto probabilmente dopo aver visto una cosa del genere in questo film, arriverà sicuramente a rivalutare completamente il lavoro fatto dal Maestro regista di 2001 Odissea nello Spazio e di Eyes Whide Shut. Non ho intenzione di dire assolutamente nulla al riguardo per non commettere il crimine di rovinare l’esperienza ad anima viva, ma sappiate che si tratta di una citazione per la quale Kubrick si sarà sicuramente alzato dalla tomba per applaudirla.
Ready Player One parla ad ognuno di noi, ed effettivamente la sensazione di rivedere se stessi quando si era più piccoli, durante gli anni dell’infanzia, dell’adolescenza, della maggiore età, non è affatto male, anzi.
Ovviamente, a differenza del libro in cui per forza di cose i tempi della narrazione sono più dilatati, il film non perde tempo in spiegazioni e sotto trame inutili, andando dritto al punto e al nocciolo della storia.
Un film, Ready Player One, che ci insegna, oltre a grandi valori come l’amicizia, l’amore e la tolleranza, anche a non perdere mai di vista ciò che siamo, a tenere sempre vivo il bambino che è in noi e che non morirà mai, senza farci sopraffare dai problemi della vita di tutti i giorni, ma soprattutto a passare un po’ più di tempo nel mondo reale e meno online.
Antonio Destino