Ulysses è il capolavoro indiscusso di James Joyce. Pubblicato nel 1922, è rappresentativo della sperimentazione modernista che ha esercitato una notevole influenza sulla letteratura europea successiva.
Il romanzo è costruito sul poema omerico che narra le peripezie di Ulisse nel suo ritorno verso casa. Ci sono infatti continui rimandi alle vicende e ai personaggi dell’Odissea, il cui sistema di valori è però completamente ribaltato nell’epoca contemporanea riflessa dal testo dello scrittore irlandese.
Indice dell'articolo
Il metodo mitico
Il mito di Ulisse, ripreso e al contempo ribaltato da Joyce, è assunto quale principio di unità di Ulysses. Lo scrittore irlandese adopera quello che sarà poi chiamato metodo mitico (mythical method) da Thomas Sterne Eliot, che pure l’utilizzò ampiamente nella sua opera poetica.
Il metodo mitico è una modalità di scrittura adoperata dagli scrittori modernisti per raccontare il senso di crisi e di decadenza di inizio Novecento. Secondo T. S. Eliot, un continuo rimando ai miti e alla storia del passato serve a dare un senso al disordine e allo scompiglio dell’epoca contemporanea. Egli sosteneva infatti che il metodo mitico “è semplicemente un modo per controllare, ordinare, dare una forma e un significato all’immenso panorama di futilità e anarchia che è la storia contemporanea”.
Ma il mito è capovolto, perdendo così la grandezza che l’aveva caratterizzato nel passato, e l’immagine del presente che emerge è di decadenza e declino.
La trama di Ulysses
L’azione dell’intero romanzo si svolge a Dublino nell’arco di una giornata, il 16 giugno 1904. I tre personaggi principali sono lo studente Stephen Dedalus, il borghese ebreo Leopold Bloom e la moglie Molly Bloom, corrispondenti rispettivamente a Telemaco, a Odisseo e a Penelope. I 18 capitoli di Ulysses sono costruiti in parallelo ai 18 episodi del poema omerico, di cui riprendono di volta in volta gli eventi corrispondenti.
Sebbene Leopold Bloom sia il personaggio principale del romanzo, la prima parte è occupata da Stephen Dedalus. La Telemachia segue il giovane professore di storia in azioni quotidiane accompagnate nel terzo capitolo da un flusso di coscienza che rivela il mondo interiore del personaggio.
Odissea e I Nostoi
La seconda parte, intitolata Odissea, è la più consistente del romanzo. L’attenzione è spostata sul protagonista Leopold Bloom, che il lettore segue nelle sue peregrinazioni nella città di Dublino. Il viaggio di Ulisse che attraversa il Mediterraneo per dieci anni vivendo le più svariate avventure è ridotto a una passeggiata di un giorno nella capitale irlandese, in cui il protagonista si imbatte in esperienze banali e quotidiane.
Leopold Bloom è spostato con Molly, il terzo dei personaggi principali del romanzo. La loro relazione è però in crisi da tempo: Leopold è infatti un marito tradito, e non può che accettare passivamente questa situazione. La terza e ultima parte del romanzo intitolata I Nostoi si conclude infatti con un lungo flusso di coscienza di Molly, che ripensa tra le altre cose alla relazione col marito.
I personaggi
Stephen Dedalus è costruito sui personaggi di Telemaco e Amleto. Anche Stephen è infatti un figlio alla ricerca di un padre spirituale, incarnato simbolicamente da Leopold Bloom. Protagonista del romanzo precedente di Joyce, Il ritratto dell’artista da giovane, è descritto come un intellettuale. Non a caso la prima parte del romanzo ci conduce nel complesso mondo interiore di Stephen, che racchiude tra l’altro molti tratti della persona di James Joyce.
Leopold Bloom è invece il capovolgimento del personaggio mitologico di Ulisse. Nel racconto della giornata di Leopold, il lettore è catapultato nell’analisi dell’ordinario e del quotidiano. Nessuna delle sue azioni e delle sue esperienze è epica, eroica o solenne come quelle di Ulisse: Leopold Bloom è infatti l’antieroe per eccellenza.
Molly Bloom è contrapposta a Penelope. Mentre quest’ultima è infatti eternamente fedele a Ulisse, Molly Bloom, che è una famosa cantante d’opera, è conosciuta per la sua infedeltà al marito.
Dublino
Dopo Dubliners, la capitale irlandese è ancora una volta al centro della densa scrittura di James Joyce, che sosteneva infatti che se Dublino “un giorno scomparisse improvvisamente dalla terra potrebbe essere ricostruita sulla base di Ulysses”.
La Dublino raccontata nel romanzo è segnata dalla paralisi morale a cui secondo lo scrittore la popolazione della città era soggetta a causa dei vincoli religiosi e culturali della nazione. La religione cattolica e le sue costrizioni sono infatti uno dei punti fondamentali trattati nel testo. Questo particolare contesto è tuttavia quello perfetto per l’esplorazione del mondo interiori dei personaggi, che è l’elemento più importante e più interessante dell’intero romanzo.
Ma non è solo una fotografia della dimensione socio-culturale di Dublino quella che ci offre Joyce, bensì anche un’accurata descrizione della sua configurazione urbanistica, restituita nel racconto delle peregrinazioni dei personaggi tra le strade e i vicoli della città.
Le tecniche narrative
La caratteristica più importante del romanzo, capisaldo prosastico della letteratura modernista, è la varietà delle tecniche narrative adoperate. Oltre alla parodia del poema epico, utile a sottolineare la mancanza dell’eroismo e dei valori dell’antichità nell’età contemporanea, fondamentale è sicuramente il sottilissimo lavoro di sul mondo interiore dei personaggi.
La resa letteraria del flusso dei pensieri e delle impressioni dei personaggi è il fulcro del romanzo. Ci sono infatti molti monologhi interiori e flussi di coscienza che ci catapultano immediatamente nella mente dei personaggi.
Con flusso di coscienza si intende una tecnica narrativa che trasporta sulla carta l’avvicendarsi caotico e irregolare dei pensieri così come normalmente avviene nel nostro cervello. Joyce cerca di fissare la volubilità del pensiero, che lavora seguendo associazioni veloci e casuali. Manca pertanto la punteggiatura, e l’andamento della frase è totalmente illogico.
Più ordinato e logico è invece il monologo interiore, spesso confuso col flusso di coscienza.
Salvatore Cammisa