Indice dell'articolo
Il ritratto come forma artistica: espressione dei ceti dominanti
Il ritratto romano – tra le forme d’arte più diffuse nell’antichità – nasce come espressione di una società fortemente politicizzata. In età repubblicana il ritratto legittima, infatti, i privilegi dei ceti patrizi. In età imperiale l’uso di divinizzare gli imperatori e gli appartenenti al suo nucleo familiare renderà il ritratto romano l’eredità più solida della cultura artistica occidentale, fondandone i presupposti.
L’arte e le donne: presenze femminili nella ritrattistica romana
Il ritratto romano è anche una testimonianza privilegiata della presenza femminile nella società romana, fortemente patriarcale. Il fenomeno di ritrarre donne, prima in forma di scultura e poi in pittura, ha un inizio ben preciso.
Nel 35 a.C. Ottaviano Augusto concesse alla sorella Ottavia e alla moglie Livia il diritto di farsi rappresentare pubblicamente attraverso le statue. Nasce così il ritratto romano ufficiale femminile. Le donne della famiglia imperiale, le Augustae, saranno d’ora in poi divinizzate e tributarie di pubblici culti.
Attraverso il ritratto romano possiamo affermare un’evoluzione della condizione femminile nel mondo antico, nonostante tutti i limiti che questa presenti. Si tratta pur sempre di una forma di emancipazione concessa a un ristretto numero di donne, le matronae della dinastia giulio-claudia.
Principali caratteristiche del ritratto romano femminile nell’epoca di Augusto
Il ritratto romano femminile ha una caratterizzazione omogenea e spesso tipizzata. Il rispetto del naturalismo somatico spesso viene meno. Ciò che interessa agli artisti non è fornire una rappresentazione veristica della donna imperiale, ma una sua idealizzazione.
La bellezza, l’armonia delle forme, la compostezza dell’espressione sono caratteri costanti dei soggetti ritratti. Tutto ciò non risponde soltanto a un gusto estetico predominante (stile noto come ‘neoattico‘), ma a un progetto politico propagandistico. Si materializza un’idea dominante che si serve dell’arte per affermare e diffondere i propri principi.
La politica augustea si fondava sul concetto di pace e sul mos maiorum, il costume degli antenati che andava riportato in auge. La donna, secondo questi canoni, doveva essere univira, pudica, casta: madre e moglie esemplare, addetta alla cure domestiche e all’allevamento della prole.
Le Augustae ritratte
Le donne della domus imperiale rappresentavano, in questo contesto, il modello esemplare a cui la donna romana doveva aspirare. Era perciò importante che comunicassero, attraverso le loro immagini nell’arte, i valori sopra affermati. Ottavia, Livia, Agrippina, Giulia: sono nomi che hanno influenzato importanti dinamiche storiche e sociali. Sono donne al potere che l’arte ha cercato di rappresentare in modo spesso opposto alle fonti storiografiche.
Donne che avevano anche un forte ruolo politico, dal momento che la successione dinastica era nelle loro mani. Avevano infatti il compito fondamentale di portare avanti la sacra stirpe degli imperatori di Roma.
Ottavia: modello di rettitudine occidentale
Il primo esempio nella lunga carrellata di volti nel ritratto romano femminile è quello di Ottavia. Sorella di Augusto e sposa ripudiata di Marco Antonio nel 32 a.C., nella ritrattistica e nella propaganda ufficiale Ottavia è madre inconsolabile, moglie legittima, sorella amorevole.
Nella statua in marmo conservata al Museo Nazionale di Napoli la donna appare in un portamento nobile. L’elemento più riconoscibile è la sua acconciatura, detta “all’Ottavia”, che ha costituito un vero canone di moda nella statuaria antica.
Il viso ha tratti austeri che sembrano comunicare l’altezza del suo rango. Il corpo, vestito dei tipici indumenti della matrona romana, appare invece morbido ed elegante. Il modello di Ottavia nel ritratto romano intendeva opporsi alla figura di Cleopatra, la dissoluta regina orientale corruttrice dei costumi romani.
Una donna dai mille intrighi: Livia nel ritratto romano
Tra i documenti artistici maggiormente rappresentativi di Livia vi è il famoso cammeo conservato al Rijksmuseum di Amsterdam. I tratti sono idealizzati, a tal punto da rendere difficile l’identificazione del personaggio.
Il materiale del cammeo è particolarmente prezioso, appartenente a un artigianato di lusso in voga nell’età augustea.
La limpidezza dei caratteri di Livia nel ritratto romano sembra non concordare con il racconto delle fonti storiografiche. Tacito, sicuramente non simpatizzante nei confronti delle Auguste, ci descrive una donna spietata. Livia era la terza moglie di Augusto, madre di Tiberio, del quale sembra avrebbe favorito la successione ricorrendo a infimi mezzi.
Nella propaganda ufficiale Livia rappresenta però la uxor ideale, cioè la moglie fedele, spalla morale del marito. Riveste inoltre quel ruolo politico emblematico di cui si è parlato, che spiega la frequentissima ricorrenza del soggetto nella ritrattistica ufficiale e non, romanocentrica e provinciale.
Agrippina minore: trionfo e tragedia di una madre
Agrippina è forse il vero emblema dell’età giulio-claudia: rappresenta gli intrighi di corte, i segreti, la follia di un potere imperiale giunto all’ipocrisia. Madre di Nerone e moglie di Claudio, dopo aver favorito l’ascesa del figlio, morirà assassinata proprio dai suoi sicari. Il racconto della sua fine è consegnato all’eternità da Tacito, che ricorda la sua morte all’urlo “Ventrem feri!”, “colpisci il ventre!”.
Il marmo del Museo Archeologico di Napoli è probabilmente il ritratto romano piùaffascinante e controverso di sempre. Seduta, in posizione quasi domestica, rilassata, la matrona è raffigurata in età avanzata, come i solchi sul viso ci mostrano. Lo sguardo è disperso nel vuoto, l’espressione lievemente contratta e le mani incrociate.
L’apparente tranquillità schiude un mondo di tensioni di una madre atipica ma pur sempre madre, catturata in un momento dal gusto privato.
Plotina e lo sviluppo del ritratto romano in età traianea (98 – 117 d.C.)
Plotina fu la moglie dell’imperatore Traiano, l’optimus princeps restauratore della pace a Roma e vincitore dei Daci. Il regno di Traiano fu un periodo emblematico per l’impero, che giunse alla massima estensione dei suoi confini geografici. Anche in politica interna si registrò una forte crescita dell’agricoltura e un diffuso clima di serenità ritrovata.
La scelta di Plotina come donna di spicco tra le Auguste non è casuale. Fu infatti una imperatrice ufficiale, accompagnò il marito nelle missioni diplomatiche e il suo ruolo sembra essere stato vitale nella successione di Adriano.
Plotina fu anche una donna indipendente (con tutti i limiti che tale concetto può avere in una società fondamentalmente non paritaria). Infatti non condivise la politica espansionistica sfrenata del marito, essendo più vicina a ideali di pace.
Il ritratto romano contemporaneo sembra riflettere tutti questi mutamenti sociali. Nel busto dei Musei Capitolini la donna appare in età avanzata, in un’espressione grave ma al contempo non austera. Il ritratto sembra rimarcare la superiorità regale e morale dell’imperatrice. Al contempo, la testa lievemente inclinata e la vaghezza dello sguardo trasmettono un senso di protezione materna.
Sul piano stilistico vediamo come ci siano notevoli differenze rispetto ai ritratti della prima età augustea. Appare evidente una volontà di aderenza ai tratti somatici, lontana dall’idealizzazione del volto nel ritratto di Livia o di Ottavia. Questa inversione di tendenza è coerente con gli ideali della propaganda ufficiale, volta alla rivalutazione dell’antico costume romano.
In questo senso il ritratto di Plotina è molto più vicino alla tendenza veristica medio-italica che non al modello greco, finora dominante.
Rossella Famiglietti
Bibliografia:
- Francesca Cenerini, La donna romana. Modelli e realtà
- R. Bianchi – Bandinelli, L’arte romana nel centro del potere