Esordi e successi
Nato ad Houston, Texas, nel 1969, Wes Anderson studia filosofia presso la University of Texas. Lì incontra quelli che saranno i suoi compagni d’avventura, tra cui Owen Wilson.
Esordisce al cinema con il suo primo cortometraggio Bottle Rocket nel 1994, che diventerà poi, nel 1996, un lungometraggio dal titolo Un colpo da dilettanti.
Il successo arriva però con i Tenenbaum, nel 2001; un ritratto agrodolce di una famiglia composta da bambini prodigio, in conflitto con la figura paterna. L’attenta analisi delle dinamiche familiari è unita ad forte caratterizzazione dei personaggi. La camera li segue, incessantemente, in una serie di carrellate continue, mettendo in evidenza ogni loro singolo dettaglio nella maniera più precisa possibile, quasi maniacale. Le inquadrature, costruite quasi geometricamente, li mettono a nudo di fronte al pubblico mostrandoli in tutta la loro stranezza e complessità.
Alcuni tra gli attori scelti per i Tenenbaum saranno compagni di viaggio per molti altri lungometraggi: Owen Wilson e Bill Murray ne sono un esempio.
Infatti entrambi compaiono ne Le avventure acquatiche di Steve Zissou, girato nel 2004. L’oceanografo e documentarista stravagante Steve Zissou, interpretato dal brillante Bill Murray, è un omaggio alla memoria di Jacques Cousteau.
Nel 2007 Wes Anderson presenta al Festival di Venezia The Darjeeling Limited, film preceduto da un romantico cortometraggio, Hotel Chavalier.
Un viaggio attraverso l’India di tre fratelli alla ricerca di se stessi e del loro legame. Ancora una volta, come in ogni film, carrellate continue, inquadrature studiate fin nel minimo dettaglio, colori accesi, e una forte caratterizzazione dei personaggi, restituiscono al pubblico un viaggio di formazione tutt’altro che banale, che incanta il pubblico al pari di una fiaba.
Il regista nel 2009 si lancia in una nuova avventura, quella del film d’animazione, con Fantastic Mr. Fox, interamente in stop motion, nel 2012, invece, dirige Moonrise Kingdom- Una fuga d’amore, che apre il Festival di Cannes: una romantica storia d’amore, ambientata negli anni ’60, tra due adolescenti incompresi dagli adulti che li circondano. Sam e Suzy trovano riparo e comprensione l’uno nell’altra, rannicchiati in una tenda da campeggio, vicino al mare. Genitori ed autorità, non riusciranno a separarli per nessun motivo al mondo. Cosa c’è di meglio dell’esser strani insieme?
Tuttavia con il suo ultimo film The Grand Budapest Hotel (2014), che Wes Anderson fa il pieno di nomination alla cerimonia degli Oscar 2015: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale, Migliori Costumi, Miglior Fotografia, Miglior Montaggio, Miglior Scenografia, MigliorTrucco e Acconciature, Miglior Colonna Sonora Originale.
Wes Anderson da Oscar:
The Grand Budapest Hotel
Cimitero di Lutz, capitale del paese di Zubrowka. Una ragazza siede accanto alla tomba di uno scrittore. Tra le mani, la sua opera più famosa: “The Grand Budapest Hotel”.
Un flashback conduce lo spettatore al 1985. Di fronte a lui, l’autore, che racconta il modo in cui venne a conoscenza dei fatti da lui descritti nel suo celebre romanzo.
Ed eccoci nel 1968, sempre lì, a Zubrowka. Il nostro autore alloggia in un albergo, un tempo prestigioso, situato tra le montagne: il Grand Budapest Hotel. La struttura, ormai decadente, conta pochi clienti, tutti perlopiù solitari e scostanti. Tra di loro, vi è il proprietario Zero Mustafa. Dopo un bizzarro invito a cena, l’autore si ritrova ad ascoltare la storia di quello che, un tempo, era stato il più grande Hotel d’Europa: ci ritroviamo ora nel 1932, a ridosso di quella che sembra essere una guerra mondiale. Zero Mustafa, profugo di guerra, lavora al Grand Budapest in qualità di Lobby Boy, sotto la guida e la protezione dell’esperto e raffinato concierge Monsieur Gustave H.
Frequentato da ricchi e nobili personaggi dell’alta società, il Grand Budapest è un albergo di prim’ordine. Monsieur Gustave, lo dirige con accuratezza, dedicandosi alle anziane, nobili e ricche donne che vi alloggiano.
Tra queste, quella a lui più affezionata è Madame D., che verrà uccisa di lì a poco in circostanze misteriose. La lettura del testamento, e il lascito di uno dei più preziosi quadri al mondo, “Ragazzo con mela”, a Monsieur Gustave, scatenerà l’odio dei parenti di Madame, e innescherà una serie di omicidi, che comprometteranno le sorti del raffinato concierge. Con l’aiuto di Zero e della sua ragazza, Agatha, Monsieur Gustave riuscirà non solo a scagionarsi, ma a venire in possesso della sua eredità.
Un Wes Anderson molto più maturo, in grado di giocare con i diversi piani del racconto con una facilità stupefacente, è quello che ci troviamo di fronte. In questa commedia, a tratti malinconica, sono facilmente riconoscibili gli elementi che hanno fatto di lui un autore unico ed eccentrico: carrellate continue, inquadrature studiate nei minimi particolari, geometriche fino all’ossessione, colori contrastanti, che rendono l’ambientazione quasi simile ad film d’animazione.
Un dichiarato omaggio alle opere di Stefan Zweig, nonché al cinema di Chaplin e Lubitsch, un inno all’arte del raccontare, una riflessione sui limiti e sul fallimento di una società, piegata dalla frivolezza, dalla vanità e infine dalla guerra.
A coloro che l’avevano accusato di “vuoto formalismo”, Anderson risponde a tono, con un capolavoro che è la dimostrazione di quanto una riflessione estetica consapevole possa divenire fondamentale ai fini di una riflessione politica e sociale.
Gabriella Valente