Tra i più variegati e trasversali del secolo, il pensiero di Wolfgang Pauli si confronta in diversi momenti con la psicologia dell’inconscio. Attraverso questo dialogo tra fisica e psicologia, nascerà un’interessante tesi riguardo il destino del pensiero occidentale. Quest’ultima sarà l’oggetto del presente articolo.
Indice dell'articolo
Chi era Wolfgang Pauli? Perché il suo pensiero è filosoficamente rilevante?
Wolfgang Pauli è stato uno dei più importanti fisici del secolo XX.
Premio Nobel nel 1945 per la scoperta del principio di esclusione, egli ha ampiamente contribuito allo sviluppo della fisica dei quanti.
Al principio degli anni ’30, Pauli attraversò una forte crisi esistenziale. Risale a questo momento l’inizio della terapia con lo psicologo Carl Gustav Jung. Presto il rapporto medico-paziente si trasformò in un sodalizio scientifico di cui ci sono rimaste numerose lettere. La frequentazione con lo psicologo creò nella mente di Pauli una connessione tra la linea d’indagine di Jung, legata all’inconscio, e quella della fisica quantistica.
Ciò fece di Wolfgang Pauli uno tra i primi scienziati occidentali contemporanei ad occuparsi del nesso tra psiche e materia, e quindi tra le scienze cosiddette “esatte” e quelle dello spirito.
Questo basta a chiarire sia il suo ruolo di avanguardia per i tempi sia la sua importanza per la riflessione odierna.
Nel saggio del 1955, La scienza e il pensiero occidentale, Pauli delinea una storia del pensiero occidentale come un’oscillazione tra tentativi di sintesi tra la conoscenza della materie e dello spirito e momenti di unilateralizzazione verso uno o l’altro polo.
Secondo Pauli a metà del secolo XX il pensiero occidentale si trova in un punto in cui la scienza occidentale, giunta all’apice del razionalismo, è in procinto di muoversi verso una nuova sintesi.
Nelle analogie tra fisica quantistica e psicologia dell’inconscio Pauli vede l’inizio di questo ricongiungimento. Il punto cardine dell’idea di Pauli è la possibilità di utilizzare per entrambe le discipline il cosiddetto principio di complementarità.
Complementarità e principio degli opposti.
La parola complementarità venne utilizzata da Niels Bohr per ovviare alla difficoltà che sorgeva dall’incertezza tra la natura ondulatoria o corpuscolare della luce. La complementarità comporta che questi due aspetti invece di creare ambiguità vadano a completarsi l’uno con l’altro, dando conto completamente dei fenomeni connessi con la luce.
Davanti ad una difficoltà analoga si era trovato Jung dovendo descrivere la natura dei contenuti psichici. Questi avevano mostrato negli esperimenti dello psicanalista svizzero di possedere al tempo stesso aspetti consci ed inconsci. Jung spiegò, cioè, l’apparente paradosso con il principio degli opposti psichici, secondo cui coscienza ed inconscio sono in un rapporto dinamico. Nessuno dei due può prevalere, ma soltanto alternarsi all’altro a seconda dei casi di osservazione. Egli scrisse:
«[…] nella fisica vi sono delle vere e proprie coppie di opposti […] ambedue devono essere introdotti in un nuovo tipo di leggi fisiche»
A Pauli venne l’idea che i due principi fossero fondamentalmente lo stesso, ma applicato nel primo caso alla materia e nel secondo alla psiche.
La storia del pensiero occidentale secondo Pauli
Nella storia del pensiero occidentale, Pauli individua diversi momenti in cui materia e psiche sembrava potessero essere conosciute attraverso un unico principio.
A partire dai greci, fu prima Talete a correggere la traiettoria della mitologia verso la conoscenza della physis e poi Pitagora a riportare la fisiologia alla conoscenza del sovrasensibile attraverso il numero. Platone completò il lavoro dei pitagorici assumendo la conoscenza geometrica dei corpi come analoga a quella delle idee. Aristotele cerco, invece, la connessione tra l’iperuranio e il materiale.
Più tardi, continua Pauli, furono gli alchimisti a compiere un’opera di riavvicinamento tra materia e psiche. Reduci dall’estrema spiritualizzazione del Cristianesimo medievale, gli alchimisti cinquecenteschi introdussero l’idea che nella materia risiedesse uno spirito desideroso di redenzione. Aiutando la materia lo stesso corpo dell’alchimista avrebbe compiuto la propria ascesi.
L’alchimia fu un campo di studi molto fecondo per Jung e i sogni dello stesso Pauli furono utilizzati dallo psicologo in Psicologia e Alchimia per rafforzare la sua tesi dell’inconscio collettivo.
Il Seicento fu non a caso il secolo della decadenza dell’alchimia. Il grand siecle vide lo sviluppo della scienza moderna ed una nuova separazione dei due campi della conoscenza, che questa volta si predispose interamente a favore della conoscenza della materia.
Il Romantiscismo tedesco, soprattutto con le idee di Goethe riguardo la spiritualità della materia, rappresentò in germe la possibilità di una nuova sintesi delle due conoscenze che, secondo Pauli, si esprime al massimo nei parallelismi tra fisica quantistica e nella psicologia dell’inconscio.
Il ruolo dell’Oriente nel pensiero occidentale
È curioso rilevare, in ultimo, come nei momenti indicati da Wolfgang Pauli come quelli in cui le conoscenze di materia e psiche si trovano riunite, fosse sempre un apporto del pensiero orientale ad originare il cambiamento. Talete e Pitagora furono influenzati dalla filosofia babilonese, mentre l’alchimia è di origine araba e cinese. Lo stesso Cristianesimo viene dal Medioriente.
La stessa teoria degli opposti fu formulata da Jung attraverso un confronto serrato con la filosofia orientale. Anche Pauli chiudendo il suo saggio vi accenna:
«UN ALLONTANAMENTO DALL’ESCLUSIVAMENTE RAZIONALE […] VERSO IL SUO OPPOSTO, UNA MISTICA CRISTIANA O BUDDHISTA È OVVIO E SENTIMENTALMENTE COMPRENSIBILE».
Giovanni Marco Ferone
Bibliografia
W. Pauli, Fisica e Conoscenza, Bollati Boringhieri, Torino, 2016.
C.G. Jung, W. Pauli, Il carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia, Moretti e Vitali, Bergamo, 2015.
Fonti Media
L’immagine di copertina è ripresa dal sito: http://oubliettemagazine.com/2017/03/13/alchimia-e-politica-la-restaurazione-del-patto-sociale/.