L’astronoma statunitense Vera Rubin (1928- 2016) ha cambiato per sempre il nostro modo di guardare l’universo. La scoperta della materia oscura ha infatti segnato una svolta determinante per l’astronomia del Novecento.
Non solo una brillante scienziata, Vera Rubin è stata una tenace femminista e un vero e proprio modello per giovani ricercatori.
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Vera Rubin e il difficile cammino verso gli studi scientifici
Figlia di un ingegnere di Vilnius, a soli 10 anni Vera aveva già trovato la sua strada. Con l’aiuto del padre e un po’ di cartone si era costruita un telescopio, con cui guardare il cielo dalla finestra della sua camera, rivolta a nord. Ma la passione per le stelle non bastò a spianarle la strada. Lo scetticismo circa le possibilità di successo nel mondo della fisica investirono Vera Rubin fin dagli anni del liceo. Il suo professore di scienze le consigliò di starsene ben lontana dai calcoli dopo il diploma, come ha ricordato l’astronoma in un tweet del 2016, l’anno della sua scomparsa:
“Don’t let anyone tell you that you aren’t good enough. My science teacher once told me I wasn’t good enough for science and look at me now.”
[Non permettete a nessuno di dire che non siete bravi. Il mio insegnante di scienze una volta mi disse che non ero portata per le scienze, ma guardatemi ora]
Monito che fu del tutto ignorato. Tuttavia, le difficoltà maggiori occorsero quando la giovane scienziata presentò la sua candidatura all’Università di Princeton, dove aveva studiato anche Einstein. Vera fu respinta, non per le sue scarse doti, ma perché donna. Erano gli anni ’50 e a Princeton non erano ammesse studentesse – e non lo saranno fino al 1975.
L’astronoma statunitense avrebbe proseguito i suoi studi alla Cornell e poi a Georgetown, incontrando lungo il suo cammino studiosi di alto calibro. In questi anni Vera Rubin riuscì straordinariamente a conciliare i suoi studi, il lavoro di insegnante e la vita privata; decisivo fu il supporto del marito, che l’attendeva per tutta la durata delle lezioni, poiché Vera non ha mai imparato a guidare.
L’accesso al Palomar Observatory
La storia di Vera Rubin non è solo una storia di discriminazioni verso le donne. È soprattutto la testimonianza di una fervida lotta contro ingiusti pregiudizi e del loro superamento.
I suoi primi lavori di ricerca, negli anni Sessanta, furono svolti presso l’Osservatorio di Monte Palomar in California. Le ricercatrici però non potevano avere accesso al telescopio più grande, il Telescopio Hale, poiché l’edificio disponeva di un solo bagno, ovviamente per uomini.
Vera Rubin non si lasciò certo scoraggiare da questo impedimento e ben presto riuscì ad accedervi. Un aneddoto racconta che la ricercatrice avrebbe apposto una sagoma a forma di gonna sulla figura dell’omino della porta del bagno, aggirando così l’ostacolo.
L’incontro con Kent Ford e la scoperta della materia oscura
Trasferitasi al Carnegie Institution di Washington Vera proseguì i suoi studi di astronomia dopo aver completato il dottorato. Qui incontrò l’astronomo Kent Ford, che aveva messo a punto uno spettroscopio per l’osservazione delle galassie. La collaborazione tra i due astronomi fu davvero fortunata. Gli studi sul movimento delle stelle ai margini delle galassie portò alla formulazione, nel 1974, della teoria della materia oscura.
Insieme a Ford, la Rubin concentrò le sue attenzioni sulla galassia di Andromeda. Studiando i movimenti delle stelle a diversa distanza dal centro galattico, i due astronomi si trovarono di fronte un paradosso.
Secondo la fisica di Newton la velocità con cui una stella orbita attorno al centro della galassia aumenta o diminuisce in relazione alla sua distanza dal centro. Le stelle ai margini della galassia avrebbero dovuto presentare una velocità più bassa rispetto a quelle più vicine al centro. Sorprendentemente i dati sperimentali confutavano le previsioni; gli scienziati scoprirono che le stelle lontane dal centro galattico viaggiavano ad una velocità molto simile a quelle vicine al centro. Un fenomeno imprevisto, che poteva essere spiegato solo ipotizzando una nuova variabile: la materia oscura.
Il visibile e l’invisibile
La teoria newtoniana non bastava più a spiegare le osservazioni condotte dai due astronomi. Con i suoi calcoli, Vera Rubin dimostrò che il movimento delle stelle presupponeva che le galassie avessero più massa di quanto si potesse osservare. Quelle ricerche confermavano i risultati di un altro astronomo, Fritz Zwicky, che nel 1933 aveva già sostenuto che la massa visibile delle galassie non è sufficiente a spiegarne la forza gravitazionale.
“Nelle galassie a spirale la proporzione fra materia oscura e materia luminosa è di dieci a uno. Questa forse è anche la proporzione fra la nostra ignoranza e il nostro sapere.” (Vera Rubin)
Il lavoro di Rubin portò ad affermare che la materia visibile costituisce solo il 4,9 % del nostro universo; il 27% è fatto di materia oscura. Tutto il resto è ancora un mistero.
È curioso osservare come i più assidui frequentatori dei cieli, si tratti di astronomi o di aviatori, come lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry, siano d’accordo nell’affermare con quest’ultimo che l’essenziale è invisibile agli occhi.
Martina Dell’Annunziata
Bibliografia
Una passeggiata nel cosmo – La materia oscura. Pubblicazione periodica quattoridicinale. Anno II – Numero 1 – Milano 2016.