Il diario segreto di Madame B., romanzo d’esordio di Emanuela Esposito Amato, è un’opera complessa e in grado di colpire l’immaginazione del lettore, trasportandolo alternativamente tra la Napoli contemporanea e la Francia dell’Ottocento. Le due protagoniste sono, infatti, donne diverse per l’epoca a cui appartengono e per i loro temperamenti; accomunate, tuttavia, dalla medesima condizione di straniamento nei confronti della propria realtà. Due storie apparentemente autonome e distanti, destinate, invece, a intrecciarsi in un turbinio di colpi di scena e rimandi letterari.
La protagonista contemporanea è Joséphine Bressi, esperta antiquaria che, dopo anni di lavoro in solitaria, finiti con un licenziamento, deve collaborare con persone che non riesce a comprendere. Quella ottocentesca, Delphine Delamare, moglie delusa che sogna un’ascesa sociale apparentemente impossibile, si confronta con una quotidianità deludente. Ad unirle, il diario a cui Delphine affida le sue confessioni che, dopo un secolare oblio, viene ritrovato proprio da Joséphine.
Dopo aver recensito Il diario segreto di Madame B. abbiamo intervistato la sua autrice, Emanuela Esposito Amato, docente di francese all’Istituto Pagano Bernini di Napoli, per meglio districarci all’interno di una trama articolata e ricca di personaggi emblematici.
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Uno dei punti di forza de Il diario segreto di Madame B. è costituito dalle sue protagoniste. In che modo descriveresti Joséphine?
Joséphine è perennemente fuori contesto e rifiuta qualunque omologazione. Non sente, ad esempio, la mancanza di uno smartphone e mal sopporta di vedere le persone sempre chine sui propri cellulari. Non ama neanche i social network che considera “viperai” da cui è meglio stare lontani. Trovandosi a collaborare con un gruppo di persone che, al contrario, sono costantemente “connesse” inizierà a sentire per la prima volta la sua diversità come un bagaglio scomodo da cui dovrebbe alleggerirsi. Anche il suo abbigliamento e il suo look sono peculiari, improntati alla comodità e al risparmio più che alla soddisfazione di un qualche senso estetico. Nel suo rifiuto per l’omologazione è racchiusa tutta l’insofferenza per un certo tipo di società napoletana alto-borghese con cui, suo malgrado, si trova costretta ad interagire in un deleterio mix di disprezzo e senso di inadeguatezza.
E Delphine?
Delphine, pur essendo nata e cresciuta in una fattoria, sente di avere tutte le carte in regola per frequentare il bel mondo parigino grazie alla sua educazione e al suo savoir faire. Questa esclusione le provoca una grande angoscia che, unita alla mediocrità nella quale “sopravvive”, la porta a compiere scelte sbagliate e autodistruttive. Anche il contrasto con la donna che riempie le sue fantasie contribuisce a evidenziare la repulsione che prova verso la propria condizione. L’immagine della bellissima e ricercatissima Marie Duplessis, sua contemporanea e conterranea, non cessa, infatti, di tornarle alla mente, ossessionandola. Ogni ritaglio di rivista che parli di lei, ogni articolo o conversazione in cui sia fatto il suo nome, le provoca una sorta di malcelata invidia mista a una frustrata volontà di emulazione.
Un elemento di unione tra i personaggi è rappresentato dalla tematica del segreto. In che modo viene declinata nel romanzo?
Ogni personaggio ha un proprio segreto, termine con cui mi riferisco alla parte più recondita, intima e vulnerabile che ciascuno custodisce nel proprio animo senza volerla rivelare a qualcun altro. Si tratta di una sorta di sottile filo che lega tra loro i destini dei personaggi. Il segreto di Joséphine è una volontà di evasione quasi inconsapevole che la porta a deragliare dai quieti binari su cui scorre la sua esistenza. È il progressivo arrendersi ad una personalità che neanche sapeva di possedere e a desideri che non credeva di poter provare. Il segreto di Delphine è quello custodito nel suo diario, talmente ben celato da restare nascosto per secoli prima di essere riportato alla luce. Il segreto di Marie Duplessis è la malattia che nasconde per vivere alla grande fino all’ultimo giorno. I segreti degli altri personaggi, che lascio al lettore il piacere di scoprire, spaziano dall’ambizione celata sotto un’apparente tranquillità, alle problematiche alimentari allo smodato desiderio di controllo.
Gran parte del Il diario segreto di Madame B. è ambientata in Francia. Questo paese ha per te un significato particolare?
Considero la Francia la mia nazione di “adozione intermittente”. Per motivi di studio, ho infatti vissuto a Parigi per lunghi periodi fin da quando avevo 16 anni. Prima ci sono state le vacanze estive in famiglie francesi per imparare la lingua, poi l’università con tesi di laurea rigorosamente in francese. In seguito ho conseguito il Diploma superiore di Interprete simultanea partecipando al G7 di Napoli nel ’92 come interprete ufficiale per il giornale “La Tribune”. La passione per la Francia e la sua letteratura è molto viva in me e cerco di trasmetterla al meglio ai miei studenti.
A tal proposito, quanto c’è di storicamente documentato ne Il diario segreto di Madame B.?
Tutti i riferimenti presenti nel romanzo sono documentati. Delphine e Eugène Delamare, cui Gustave Flaubert pare essersi ispirato per i personaggi di Charles e Emma Bovary, ad esempio, sono realmente vissuti. Stesso discorso per quanto riguarda Marie Duplessis, “la signora delle Camelie” di Alexandre Dumas nonché la Violetta Valery de La Traviata di Giuseppe Verdi. Anche le descrizioni relative ai mobili di antiquariato o alle più particolari creazioni gastronomiche sono frutto del consulto con esperti del settore.
Su quale aspetto della stesura del romanzo hai dovuto lavorare di più?
Ho lavorato soprattutto sullo stile. Per me era importante renderlo incalzante, tenendo un ritmo serrato che facesse venir voglia al lettore di girar pagina. Proprio come Flaubert, spesso mi trovavo a rileggere ad alta voce i periodi, per sentire se scorrevano o s’inceppavano, se erano troppo lunghi o rischiavano di privare d’ampiezza la narrazione.
Alessandro Ruffo