Frigyes Karinthy (1887-1937) è stato un prolifico scrittore ungherese, protagonista del suo libro più famoso, Viaggio intorno al mio cranio. Si tratta di un memoir in cui Karinthy descrive con immancabile ironia il presentarsi di una serie di bizzarri cambiamenti nella percezione di sé e del mondo, a causa dell’evoluzione di un tumore al cervello.
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Frigyes Karinthy: Viaggio intorno al mio cranio
Siamo nel 1929 e, come il neuroscienziato Oliver Sacks ricorda nella postfazione del libro, la neurochirurgia è solo alle prime armi. Prima di ricevere una diagnosi corretta e definitiva, Frigyes Karinthy ha dovuto fantasticare a lungo. Quella sfilza di eventi, inverosimili e drammatici, che stavano via via colpendo la sua vita, erano la spia di un brutto male. Dall’improvviso sferragliare di un treno inesistente che rompe il silenzio di un caffè, fino al calo repentino della vista, l’autore racconta tutti i dettagli di un decorso doloroso, ma a lieto fine.
Il libro non è solo una cronaca, non priva di surreale umorismo, del modo in cui la patologia ha travolto e rivoluzionato la sua esistenza. Karinthy ne coglie l’occasione per meditare a lungo sul tema del legame fra gli esseri umani.
Catene, il capitolo conclusivo di Viaggio intorno al mio cranio, è dedicato proprio a questa riflessione.
Catene: i sei gradi di separazione
Frigyes Karinthy propone in Catene la famosa teoria dei sei gradi di separazione. Secondo questa teoria ognuno di noi è separato da qualsiasi altro abitante della Terra da soli cinque intermediari. Ciò significa che a partire da me, che sono il primo anello della catena, passando per un mio conoscente, basteranno non più di cinque individui prima che la catena possa tornare a chiudersi su di me. È sempre possibile tracciare un’ideale catena di conoscenze interpersonali che tiene insieme un certo numero di persone scelte a caso fra tutti gli esseri umani. Scrive l’autore:
«Selezioneremo una persona a caso fra il miliardo e mezzo che popola il pianeta, una qualsiasi, dovunque…» Poi scommise con noi che, passando per non più di cinque individui, fra cui un proprio conoscente, poteva contattare chiunque usando una catena fatta solo di conoscenze interpersonali.
Se a tutta prima l’esperimento può sembrare tanto affascinante quanto ingannevole, Frigyes Karinthy spiega che questa teoria è particolarmente valida per il momento storico in cui viviamo. Nel brano citato si legge:
Dunque è in atto qualcosa, un processo di contrazione ed espansione, che va oltre il ritmo e le onde. Qualcosa si restringe e diventa più piccolo, qualcos’ altro si allarga e diventa sempre più grande. È mai possibile, in questo mondo in continua espansione, generato milioni di anni fa dalla scintilla incerta che ha infiammato la massa di connessioni nervose contenute nel cranio di un uomo primitivo, che il cerchio si stia stringendo?
Il mondo e la provincia
Lo sviluppo massivo degli strumenti di comunicazione ha reso molto più agevole l’incontro fra individui che in altri tempi non avrebbero potuto sapere della loro reciproca esistenza. Questo quasi totale azzeramento di ogni lontananza ha trasformato il mondo in tutta la sua espansione in una sorta di piccola provincia. Oggi la possibilità che tutti abbiano notizia di tutti è molto alta. Con le conseguenze sulla privacy che tutti conosciamo… Ma torniamo a Frigyes Karinhty.
Lo scrittore ungherese guardava con molto entusiasmo al cambiamento in atto, conseguente alla diffusione delle tecnologie di quegli anni.
Negli anni Trenta, quando non era neppure pensabile la trasformazione realizzata decenni dopo da Internet e dai social network, Karinthy pensava già alla possibilità di scorgere un filo conduttore fra cose e persone lontane, una sorta di nascosta parentela di tutti gli abitanti della Terra. Una commedia dell’agnizione perennemente in atto, come già Plauto aveva tentato di suggerirci con le sue opere in epoche ben meno recenti.
Un continuo girotondo, una manciata disordinata di mazzolini di campo: come trovare un filo conduttore in questo caos? Come riuscirci usando nient’altro che un ragionamento basato su supposizioni, invece che elaborando un trattato filosofico in trenta volumi? Forse solo tirando le somme e facendo in modo che la catena, giunta al suo ultimo anello, possa condurre alla fonte delle cose, a me stesso…
Kevin Bacon e i six degrees
La teoria dei sei gradi di separazione ha attirato l’attenzione di molti intellettuali, fra scienziati e sociologi, ed ha ottenuto larga diffusione grazie ad un esperimento sociale dello psicologo americano Stanley Milgram che l’ha rilanciata nel 1967.
Negli anni Novanta, invece, un gruppo di studenti dell’Albright College ha inventato un gioco matematico, basato su questa teoria, coinvolgendo l’attore hollywoodiano Kevin Bacon.
In un’intervista Bacon, che nella sua carriera vanta film come Footlose (1984) e Sleepers (1996), aveva dichiarato di aver lavorato ormai con tutti gli attori ad Hollywood. Gli studenti presero quelle dichiarazioni alla lettera. Si misero così all’opera per dimostrare come ogni attore hollywoodiano fosse realmente collegato a Kevin Bacon mediante soli sei intermediari. È nata così la Six Degrees of Kevin Bacon theory.
Martina Dell’Annunziata
Bibliografia
Frygies Karinthy, Viaggio intorno al mio cranio, postfazione di Oliver Sacks, Edizioni BUR, Milano 2010.
L’immagine di copertina è tratta dal sito https://www.goldstar.com/events/san-francisco-ca/six-degrees-of-separation-tickets/reviews