Il labirinto del fauno è una delle pellicole di maggior successo di Guillermo Del Toro. Il film, uscito nel 2006, ha infatti ottenuto ben 3 oscar, rispettivamente per miglior trucco, miglior scenografia e miglior fotografia. Esso di è inoltre guadagnato il titolo di film in lingua spagnola con più incassi della storia. Si tratta di una pellicola drammatica che racconta il periodo della guerra civile spagnola, colorandolo di inquietanti elementi fantastici.
Il labirinto del fauno: il dramma della guerra
Nel 1944, mentre Francisco Franco rafforza il proprio potere al termine della guerra civile, un gruppo di ribelli continua ad opporsi a lui nascondendosi nei boschi. L’incarico di stanarli è affidato al capitano Vidal (Sergi Lopez), uomo crudele e privo di scrupoli.
Con lui vivono la moglie Carmen (Ariadna Gil), incinta di suo figlio, e Ofelia (Ivana Baquero), figlia del primo marito di Carmen. La bambina, dotata di grande immaginazione, entra in contatto con un fauno (Doug Jones), che la convince di essere la reincarnazione di una principessa proveniente dal favoloso mondo sotterraneo. Per ritornare al suo regno, Ofelia dovrà sostenere varie prove, mentre intorno a lei il conflitto tra franchisti e ribelli si intensifica. A peggiorare le cose le cattive condizioni di salute della madre, che lasciano Ofelia in totale balia di Vidal. Unica sua amica la governante Mercedes (Maribel Verdù) che, in segreto, collabora con i ribelli.
In circa due ore la pellicola scorre appassionando lo spettatore, che segue le vicende angoscianti della bambina, in un mondo crudo e violento in cui neanche l’immaginazione sembra offrire una possibilità di scampo. La particolarità del film sta proprio in questa capacità del regista di miscelare sapientemente il dramma storico, il dramma interiore, l’horror e la favola dark.
Gli elementi fantastici lasciano però presagire un finale lieto per la bambina: c’è un fauno – mentore, buono e a volte severo -, ci sono tre fatine adorabili ed un mondo affascinante e strano. Ma ci sono anche i cattivi.
Nel mondo reale, il capitano Vidal si presenta come il perfetto militare: preciso, metodico, apparentemente ligio al dovere. Ma nasconde una violenza inaudita. Come quando uccide due poveri cacciatori, solo perché avevano attraversato il “suo” bosco. Vidal vorrebbe avere tutto sotto controllo: i suoi uomini, sua moglie, Ofelia, il sesso del nascituro. Vidal nasconde un orologio nella tasca della sua camicia, retaggio paterno, e non tollera nemmeno due minuti di ritardo. Il capitano è anche un misogino, che sottovaluta così tanto la forza delle donne, da non sospettare nemmeno per un attimo della sua serva Mercedes.
Nel mondo fantastico, la cattiveria è rappresentata dall’iconico Uomo Pallido ossia un Tenome proveniente dalla mitologia giapponese. L’Uomo Pallido sembra avere uno stretto collegamento con Vidal. Ad esempio l’Uomo Pallidoinseguirà Ofelia per cibarsene esattamente come farà poi Vidal per ucciderla. L’Uomo Pallido, tra l’altro, è interpretato da Doug Jones, attore feticcio di Del Toro, che, nella pellicola, riveste anche il ruolo del fauno.
Per quanto riguarda la protagonista, Ofelia sembra non riuscire mai a trovar pace. Il film scorre attraverso i suoi occhi, gli occhi di una bambina intrappolata in una situazione orrenda, gli occhi di molti spagnoli in quegli anni. La guerra civile ha lasciato ferite nella Spagna che il regista messicano conosce molto bene.
Del Toro però non voleva limitarsi a descrivere la guerra e il franchismo come una sequela di eventi storici, preferendo mischiarli al fantasy. C’è quindi una sovrapposizione tra fantasy e dramma. E non si tratta, affatto, di due storie parallele senza punto d’incontro. Ofelia scappa con la sua immaginazione, con i suoi libri che il capitano definisce porcherie, costruendosi un mondo capace di creare invidia negli scrittori di fiabe più gettonati.
Ofelia è una sorta di “Alice nel paese degli incubi”, in cerca di una chiave per poter accedere ad un’altra dimensione, di una piccola porticina, di tanta immaginazione. Il Labirinto del fauno ha qualche somiglianza anche con Coraline, romanzo di Neil Gaiman poi diventato film di successo. Come Coraline e come Alice, Ofelia costruisce dalle fondamenta di una realtà sgradevole elementi del tutto nuovi e non realistici. Ma, se Alice e Coraline apprezzeranno la loro realtà, perché riconosciuta come migliore nonostante tutto, Ofelia non potrà fare lo stesso.
Nel finale la predilezione di Del Toro va all’elemento fantastico. Ma la vera abilità del regista sta nel fatto che il confine tra fantasia e realtà resta sempre estremamente labile. Alla fine, infatti, sta allo spettatore scegliere ciò a cui vuole credere: alla realtà della guerra o alla fantasia di una bambina.
Aurora Scarnera