Sono passati cinque anni dalla fine della guerra. In questo periodo, Walt Disney e i suoi animatori hanno lavorato duramente per rimettere in sesto gli studios, sacrificando la creatività a favore del risparmio economico. Il 1950 è l’anno del riscatto: una nuova principessa, Cenerentola, è il simbolo della rinascita e dell’inizio dell’Epoca d’Argento.
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Cenerentola
Spinto dai discreti successi degli ultimi film a episodi, Disney sceglie di tornare a una grande produzione come lo erano stati i primi lungometraggi della sua carriera. La scelta ricade su Cenerentola, la prima principessa dell’Epoca d’Argento per eguagliare il successo dell’apprezzatissima Biancaneve.
La sfida più grande era proprio quella di riproporre gli elementi migliori del precedente film senza che quello nuovo ne sembrasse una copia. La storia semplice di Cenerentola viene allora arricchita di personaggi secondari e sottotrame cariche di elementi comici. I protagonisti, invece, vengono curati in modo che il loro carattere risulti unico e accattivante, aumentando il fascino della vicenda principale.
La distanza dall’Epoca di Guerra si avverte però soprattutto sul piano grafico. I personaggi, dotati di un design tradizionale, si muovono in degli ambienti molto peculiari, realizzati con il contributo della pittrice Mary Blair. La Blair, che aveva iniziato a lavorare per gli studios durante l’epoca precedente, sarà fondamentale anche per i due film successivi dell’Epoca d’Argento.
Cenerentola è uno straordinario successo di pubblico e critica, il più grande dai tempi di Biancaneve. Disney può così ripagare i suoi debiti e programmare la realizzazione di molti altri film.
Alice nel paese delle meraviglie
L’Epoca d’Argento prosegue con Alice nel paese delle meraviglie, film del 1951 che Disney aveva intenzione di realizzare fin dai tempi dei suoi primi lungometraggi. A dire la verità, la storia era già stata ripresa per una serie di cortometraggi, ma il risanamento delle finanze consente di trasporla in un Classico.
L’amore di Disney per le opere di Carroll lo porta a crede che il modo migliore per realizzarne un film sia scrivere una sceneggiatura estremamente fedele alla fonte. Il risultato è una pellicola divisa in segmenti visionari e piena di personaggi indimenticabili. Personaggi che sono spesso legati a delle canzoni che servono a riportare giochi di parole o filastrocche scritte da Carroll. Alcune sono brevissime e fanno di Alice nel paese delle meraviglie il Classico Disney con il maggior numero di brani.
Malgrado l’impegno di Disney, il film viene accolto con freddezza o addirittura con delle critiche. In particolare, Disney viene accusato di non aver rispettato lo spirito di Carroll “americanizzando” le sue opere. Sebbene non sia stato un completo flop, Alice non guadagna quanto sperato e Walt Disney ne rimane estremamente dispiaciuto.
Le avventure di Peter Pan
Nel 1953 esce un altro film molto voluto da Disney, Le avventure di Peter Pan, ispirato alle opere di Barrie. Il film era in programmazione già dal 1935 ma, a causa di ritardi nell’ottenimento dei diritti, problemi della stesura del soggetto e inizio della guerra Disney era stato obbligato a metterlo da parte. La produzione può ripartire solo nel 1947.
Durante questi anni, la maggiore difficoltà incontrata è quella di stabilire che direzione dare alla storia. C’è chi propone di raccontare le origini di Peter, chi di narrare la storia dal punto di vista del cane Nana, chi invece di inserire situazioni cupe come la morte di Uncino. Alla fine, Disney prende in mano la situazione, opera molti tagli e decide di far iniziare la storia con l’incontro tra Wendy e Peter.
La lavorazione artistica del film è importante, da un punto di vista storico, per due motivi. Non solo Le avventure di Peter Pan chiude il trittico di film in cui fondamentale è il contributo di Mary Blair, ma è anche l’ultimo film a cui lavorano insieme tutti i Nine Old Men, gli animatori storici della Disney.
Le avventure di Peter Pan è un grandissimo successo di critica e pubblico, nonostante alcune accuse di razzismo per la rappresentazione dei pellerossa. Curiosamente, il film porta al successo soprattutto il personaggio di Trilli. La fatina diventerà una presenza costante nel merchandise Disney e nei parchi a tema anche dopo la fine dell’Epoca d’Argento divenendo protagonista, negli anni 2000, di alcuni spin-off a lei dedicati.
Lilli e il vagabondo
La Disney tocca quota 15 Classici nel 1955 con Lilli e il vagabondo. Il progetto è dello sceneggiatore Joe Grant che, nel 1937, propose le divertenti avventure di una cagnolina ispirata alla sua Springer Spaniel. Le prime bozze di sceneggiatura non convinsero Disney e, all’inizio degli anni ’40, decise di aggiungere un secondo cane per inserire più azione. Messo da parte, il progetto viene ripreso solo nel 1949, dopo che Grant ha lasciato lo studio per divergenze creative.
Lilli e il vagabondo è il primo classico ad avere animali come protagonisti dai tempi di Bambi. La lavorazione obbliga gli animatori a studiare i movimenti di molte razze di cani per riprodurli nel modo migliore. Ma il film è anche il primo lungometraggio animato a essere prodotto in CinemaScope, un genere di ripresa che obbliga gli animatori ad ampliare orizzontalmente gli spazi e realizzare scene con molti personaggi.
Gli incassi del film furono altissimi, malgrado alcune recensioni negative.
La bella addormentata nel bosco
Negli anni ’50, Disney porta intanto avanti numerosi progetti, tra cui quello del parco a tema Disneyland, aperto nel 1955. Questo rallenta notevolmente la lavorazione de La bella addormentata nel bosco, iniziato nel 1951 ma rilasciato solo nel 1959.
Disney sceglie di adottare per la pellicola uno stile grafico estremamente diverso da quello usato per gli altri film sulle principesse. In particolare, mette da parte il classico stile rotondeggiante per adottarne uno più stilizzato, ispirato ai dipinti medievali. Per l’ultima volta, poi, gli animatori ricorrono all’uso dei rodovetri. Il sistema, lungo e costoso, prevedeva il passaggio dei disegni su carta a un reparto in cui questi venivano fedelmente riprodotti su dei fogli in acetato di cellulosa per essere infine colorati.
La travagliata produzione rende La bella addormentata nel bosco il classico più costoso fino a quel momento. Gli incassi cinematografici non sono quelli sperati e l’azienda è costretta a dichiarare la sua prima perdita annuale in dieci anni. Vicino al fallimento, Disney deve operare molti licenziamenti per evitare la chiusura del dipartimento di animazione. È il momento più difficile dell’Epoca d’Argento.
La carica dei 101
In aiuto di Disney arriva il vecchio amico Ub Iwerks, figura centrale dei primi anni di carriera di Walt. Iwerks aveva migliorato il sistema della xerografia, un processo attraverso cui era possibile replicare i disegni degli animatori nei rodovetri dell’animazione attraverso la stampa a secco, senza doverli inchiostrare a mano. Il primo film realizzato con questa tecnica è La carica dei 101, nel 1961.
Da questo momento, gli studios prendono le distanze dalle fiabe, scegliendo invece di focalizzarsi su storie ambientate nel mondo reale o avventure di animali. Una scelta, in realtà, che Disney non condividerà mai totalmente. Intanto, il lavoro sul nuovo film va avanti a ritmi celeri. Il sistema xerox permette di animare le scene in metà del tempo che avrebbe impiegato l’uso dei rodovetri. Questo semplifica specialmente il lavoro sui dalmata, le macchie dei quali avrebbero rappresentato una difficoltà enorme in situazioni normali.
Nonostante le diversità con i vecchi film, La carica dei 101 conquista il pubblico. Gli incassi, tra i più alti dell’Epoca d’Argento, e i limitati costi di produzione permettono così all’azienda di salvarsi ancora.
La spada nella roccia
La spada nella roccia, del 1963, è l’ultimo classico uscito prima della morte di Walt Disney. L’uomo che più di tutti aveva innovato l’animazione continuò a lavorare fino alla fine dei suoi giorni, senza mai allontanarsi dagli studios. Proprio La spada nella roccia fu però meno seguito da Disney, impegnato sul set di Mary Poppins. I lavori vennero gestiti soprattutto dal regista Wolfgang Reitherman e dallo sceneggiatore Bill Peet.
Il film è realizzato ancora con la xerografia, sistema che sarà molto usato negli anni successivi. La ricerca del risparmio porta gli animatori anche a riciclare per la prima volta del materiale usato per altri lungometraggi o corti. Il sistema del riciclo sarà importantissimo negli anni successivi, quando la Disney affronterà nuovi periodi bui in seguito alla morte del suo fondatore. Menzione d’onore merita la presenza dei fratelli Richard e Robert Sherman, compositori premi Oscar per le musiche di Mary Poppins che lavoreranno per molti anni alle canzoni dei Classici Disney.
Nonostante non sia un flop, La spada nella roccia non raggiunge il successo del classico precedente, né di quello che lo seguirà. Soprattutto la critica americana non apprezzerà il film, ritenendolo troppo debole sul piano narrativo.
Il libro della giungla: morte di Disney e fine dell’Epoca d’Argento
La lunga Epoca d’Argento si chiude con il 19° Classico Disney, Il libro della giungla, uscito nel 1967. La pellicola è l’ultima seguita da Disney nella sua produzione. La sua presenza si fa sentire, dato che decide di modificare in gran parte il soggetto ideato da Peet, considerandolo troppo cupo. Non contento della decisione, Peet avrebbe lasciato lo studio.
Disney vuole che il film abbia una struttura semplice e che faccia appassionare ai personaggi. Come animato da una nuova forza interiore, Disney guida i lavori con passione e attenzione, presenziando a ogni riunione e dando le sue impressioni alle scene. Purtroppo però, non è in grado di vedere il lavoro completo: il 15 Dicembre 1966, Walt Disney, infatti, muore.
Sicuramente anche per via di questo triste evento, il film è un successo enorme di critica e pubblico. La morte di Disney colpisce tutti nel profondo: la fantasia e il coraggio di quell’uomo avevano cambiato per sempre la storia del cinema, svelando al mondo le infinite potenzialità dell’animazione. Da allora, i lavoratori degli studios avrebbero dovuto cercare una nuova strada.
Davide Proroga