Il nuovo millennio cinematografico si apre all’insegna del “kolossal imperiale”. Il gladiatore (Gladiator), storico-drammatico diretto da Ridley Scott, riporta in auge la Roma antica. Hollywood riscopre così il filone del kolossal in stile Ben Hur, genere di successo durante il fiorente ventennio ’50-’60. Protagonista un indomito Russel Crowe nei panni dell’ex generale Massimo Decimo Meridio, divenuto poi schiavo e gladiatore. Grazie alla citata interpretazione il neozelandese vince il premio oscar battendo la concorrenza nella categoria miglior attore protagonista.
Da applausi anche la performance offerta dal poliedrico Joaquin Phoenix, accattivante quanto imprevedibile nel ruolo del crudele imperatore Commodo. Convincente anche la scelta della seducente danese Connie Nielsen nelle vesti della sorella di Commodo. Il gladiatore viene anche nominato miglior film aggiudicandosi ulteriori statuette dorate rispettivamente nelle categorie costumi, sonoro ed effetti speciali. Le riprese interne sono state girate per intero a Los Angeles, le esterne tra Marocco, Tunisia, Malta e Italia.
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Il fascino della Roma panem et circensem
<< Il cuore pulsante di Roma non è il marmo del Senato, ma la sabbia del Colosseo >>
Il film ha raccolto consensi ed enormi incassi in giro per il mondo a partire dalle primissime comparse in sala. L’atteso esordio nei botteghini italiani avviene il 19 maggio 2000. Ridley Scott ha il merito di aver ridato lustro e splendore cinematografico, attraverso dettagliati costumi e spettacolari effetti scenici, all’antica immagine della Roma panem et circensem. Il gladiatore presenta una durata superiore alle due ore e mezza andando a ricoprire un periodo temporale di pochi mesi.
Il film guida lo spettatore nella riscoperta dei luoghi più caratteristici della Roma imperiale. Tra questi spiccano la basilica di Massenzio e l’arco di Costantino. Meravigliosa la ricostruzione dell’Anfiteatro Flavio, meglio noto Colosseo. Funziona l’interazione tra i personaggi principali, collegati in maniera quasi inscindibile tra loro. Dialoghi, a tratti volutamente prosaici e miranti alla enfatizzazione, appaiono adeguati al periodo storico in questione. Musiche pompose annunciano da subito la magnificenza della storia raccontata.
Massimo Decimo Meridio, da generale a gladiatore
Il Gladiatore ha inizio con il valente generale Maximus (Massimo nella versione italiana) intento a guidare i suoi soldati nella battaglia contro i marcomanni nelle terre germaniche. Lo scontro è duro, ma l’esercito romano riesce a sottomettere il nemico. A seguito dell’ennesima vittoria l’imperatore Marco Aurelio propone al suo generale di succedergli non appena questi passerà a miglior vita. Massimo rifiuta rispettosamente prima di rientrare nel suo accampamento. Il mattino successivo giunge la notizia della morte di Marco Aurelio, ucciso all’insaputa di tutti dal figlio primogenito Commodo che può dunque succedergli.
Il protagonista appare sconvolto dalla notizia, dubita che la morte di Marco Aurelio sia stata naturale e volta le spalle al nuovo Cesare. Commodo, intimorito dal rispetto che i soldati nutrono per il generale, ne ordina l’esecuzione. Il condannato sfugge però alla decapitazione scappando nei boschi germanici. Giunto alle porte della propria abitazione troverà però sua moglie e suo figlio impiccati.
L’uomo sviene a causa delle gravi ferite e dello shock per poi risvegliarsi nelle mani di un mercante di schiavi. Gli viene poi affibbiato l’appellativo di Ispanico e viene ceduto al lanista Proximo. Quest’ultimo si rivela essere un popolare ex gladiatore insignito del rubis, ossia una spada di legno simboleggiante la acquisita libertà consegnatagli dalle mani di Marco Aurelio in persona.
L’ispanico gladiatore che sfidò Cesare
L’ex generale entra così a far parte di una compagnia di gladiatori divenendone in breve tempo il principale campione. Massimo viene condotto a Roma per combattere tra le mura del Colosseo in occasione dei giochi organizzati da Commodo per commemorare la memoria del defunto padre. Qui affronta e vince la battaglia con il volto celato dietro una maschera.
L’imperatore, estasiato dallo spettacolo e dal sangue versato, scende nell’arena per stringere la mano ai vincitori. Giunge al cospetto di Massimo, il quale alza la maschera per rivelargli la sua reale identità pronunciandogli implicite parole di sfida. In seguito il protagonista inizia, a totale insaputa dell’imperatore, una relazione con sua sorella Augusta Lucilla.
Lucilla trama segretamente con alcuni membri del senato romano per rovesciare l’impero del fratello e chiede, per la buona riuscita dello scopo, totale collaborazione a Massimo, il quale acconsente nei limiti del suo stato di schiavitù. Dopo una svariata serie di eventi che portano alla morte di Proximo, si giunge allo scontro conclusivo che vede Massimo, ferito assai gravemente, opposto a Commodo. Il duello ha luogo all’interno dell’anfiteatro Flavio e termina con la vittoria del protagonista, che tiene fede alla sua promessa uccidendo il Cesare poco prima di spirare anch’egli a causa delle ferite.
Il gladiatore: tra fedeltà e falsi storico-cinematografici
Ridley Scott è regista particolarmente apprezzato per la nota attenzione ai dettagli. Il gladiatore però presenta qualche inesattezza storica. La più evidente riguarda l’emblematico gesto attraverso il quale la mano imperiale sentenzia la sorte del gladiatore sconfitto. Il pollice verso l’alto, e non verso il basso, decreta la morte del perdente in quanto simbolo della lama sguainata. Il pollice rinchiuso nel palmo, invece, rappresenta la spada riposta in un fodero, ossia la pietà verso lo sconfitto. Ciascuno dei combattenti poteva inoltre ritirarsi dal duello, pur tenendo in considerazione la reazione di popolo ed imperatore.
Inoltre, ogni qualvolta Cesare avesse decretato la morte di un gladiatore era obbligato a versare come penale un risarcimento pecuniario. Da chiarire che il rudis, consistente in una spada di legno consegnata nelle mani del più amato tra i gladiatori, simboleggiava la fine della schiavitù. Esso donava la possibilità di scegliere se continuare o meno l’attività gladiatoria, consentendo per così dire al gladiatore di autogestirsi mettendosi in proprio conto. Infine, nei giochi gladiatori come nel caso del film, non sono previste o ammesse intromissioni di fameliche bestie quali tigri o leoni.
Le battaglia tra uomini ed animali, in gran parte leoni catturati nel nord Africa, erano infatti esclusiva prerogativa di un’altra categoria di giochi, le cosiddette venationes. Verrebbe da chiedersi il motivo di simili ingenuità da parte di un regista navigato quale Ridley Scott. Tutto calcolato a tavolino durante le riprese del film, errori programmati e voluti dal regista per rendere più agevole la comprensione della storia al proprio pubblico.
Il gladiatore attende silente se sommo Cesare nega o consente
Della figura del gladiatore tratta la mia poesia “Pollice alto, pollice verso” presente all’interno di due sillogi poetiche intitolate rispettivamente “Non trovo parole, rifugio in poesia” e “Poedroga“. La poesia descrive l’infausto destino del gladiatore, obbligato a combattere contro i propri simili. La mano afferra la spada, il cuore carezza il sogno di pace. Il gladiatore non combatte per conservare la vita, bensì per acquisire la libertà.
Davide Gallo