Roberto Grossatesta, maestro delle Arti e di Teologia all’Università di Oxford, è stato fra i filosofi più influenti nel XIII secolo.
Il pensiero medievale deve a Grossatesta la traduzione latina di fondamentali opere dal greco, come gli Analitici secondi e l’Etica Nicomachea di Aristotele, ma soprattutto un’originale teoria della luce che presenta impressionanti analogie con la moderne teorie quantistiche.
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La metafisica della luce
Roberto Grossatesta attribuisce alla luce un ruolo centrale nella costituzione dell’universo. L’opera in cui troviamo una chiara esposizione di questa teoria è il De luce seu de inchoatione formarum. Il filosofo suppone che la creazione del mondo abbia avuto inizio da un ”punto materiale”. Tale punto materiale, principio dell’universo, è la luce.
Per Grossatesta la luce è una sostanza quasi incorporea, la cui proprietà caratteristica è quella di diffondersi sfericamente secondo un processo di propagazione. La propagazione della luce nello spazio avviene lungo le tre dimensioni – altezza, larghezza, profondità – e perciò rappresenta anche l’apparizione nell’universo della materia. La luce, dunque, è sia principio formale sia elemento costitutivo della materia. Essa ha una natura duplice, in quanto è insieme forma prima e materia prima dell’universo, un’energia radicale che descrive l’essenza stessa della corporeità.
Filosofia naturale e matematica
Il merito di Grossatesta è quello di aver elaborato una concezione della materia che permette l’applicazione di un metodo positivo allo studio della natura. Egli è stato tra i primi filosofi a riconoscere la necessità di applicare la matematica alla fisica nello studio dei fenomeni. In particolare, interpretando i fenomeni naturali come fenomeni della luce, Grossatesta indica nell’ottica e soprattutto nella geometria la via più sicura al raggiungimento della conoscenza. Se la luce si moltiplica nello spazio estendendosi sfericamente, è indispensabile la conoscenza delle proprietà geometriche della sfera per comprenderne la natura.
Invece, per lo studio dell’interazione dei corpi, risulta fondamentale la conoscenza della piramide, poiché l’azione di un corpo su un altro procede da una superficie estesa e si concentra in un unico punto. L’essenziale della fisica è dunque lo studio delle proprietà delle figure e delle leggi del movimento. Grossatesta fornisce significative indicazioni di questo metodo in un’opera altrettanto importante, il De lineis, angulis et figuris, in cui scrive:
“uTILITAS CONSIDERATIONIS LINEAURUM, ANGOLORUM ET FIGURARUM EST MAXIMAM QUONIAM IMPOSSIBILE EST SCIRI NATURALEM PHILOSOPHIAM SINE ILLIS”.
La teoria dell’illuminazione
Conoscere le cose significa conoscerne la causa formale, cioè il fine per il quale la cosa esiste. Secondo un ragionamento che eredita la teoria agostiniana della conoscenza, a sua volta ispirata al platonismo, Roberto Grossatesta recupera la concezione della verità come illuminazione. Come il Sole conferisce visibilità alla cose – il riferimento di Grossatesta è al Menone di Platone, poco noto nel Medioevo – così la verità conferisce intelligibilità a tutto ciò che è. Cogliere le forme intelligibili è l’esito di un processo conoscitivo che parte dai sensi. Soltanto mediante un’operazione di astrazione dalla sensibilità l’anima può sollevarsi dall’impedimento del corpo e scoprire la luce-essenza celata in tutte le cose.
Verso una teoria quantistica della materia
La concezione della luce introdotta da Roberto Grossatesta presenta significative analogie con le più moderne teorie fisiche, dall’ipotesi del Big Bang alla teoria quantistica della materia.
La teoria quantistica è la teoria fisica che spiega il comportamento della materia secondo fenomeni ondulatori e corpuscolari. Si tratta di una visione rivoluzionaria rispetto alla fisica classica. Il principio cardine della fisica quantistica è infatti il dualismo onda-particella. Lo sviluppo di questo modello è legato allo studio del comportamento della luce, che all’osservazione sperimentale presenta ora le caratteristiche delle radiazioni elettromagnetiche, ora quelle delle particelle.
Il dibattito sulla natura della luce ha attraversato tutta la storia della scienza fisica. Sono note le teorie discordanti di Newton e Huygens nel XVII secolo. Se il primo aveva ipotizzato che la luce avesse proprietà solo corpuscolari, il secondo concepiva i fenomeni luminosi come radiazioni elettromagnetiche. La controversia si dilungò fino a Maxwell che nel 1870 dimostrò che la luce è un’onda elettromagnetica dal momento che essa come tutte le onde elettromagnetiche viaggia nel vuoto ad una velocità di propagazione pari 3 x 108 m/s, che è appunto la velocità della luce.
L’esperimento della doppia fenditura
Nel 1927 due scienziati, Davisson e Germer, effettuarono un esperimento che dimostrava la natura sia ondulatoria che corpuscolare della luce, approfondendo i risultati sperimentali già ottenuti dal fisico Young nel 1801.
Per l’esperimento di Young, o esperimento della doppia fenditura, si utilizzò una fonte debole di luce, due lastre fotografiche anteposte alla sorgente luminosa e uno schermo. Aprendo una fenditura sulla prima lastra si otteneva sulla seconda una proiezione della luce, secondo le previsioni della teoria corpuscolare. Ma se si aprivano altre due fenditure sulla seconda lastra, la proiezione non catturava due raggi speculari, ma una figura di interferenza tipica delle onde elettromagnetiche. La luce mostrava di comportarsi ora come un’onda ora come un corpuscolo in relazione all’andamento dell’esperimento.
Le teorie fisiche più recenti, inclini ad interpretare i fenomeni secondo il concetto di energia, tendono ad applicare proprio il modello onda-particella della luce a tutta la materia, per spiegarne il comportamento in sede sperimentale.
Martina Dell’Annunziata
Bibliografia
E. Gilson, La filosofia nel Medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, trad. it. Del Torre, Prefazione di M. T. Fumagalli Beonio Brocchieri, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano 2014.
R. Grossatesta, La luce. Testo latino a fronte, a cura di C. Panti, edizioni Plus, 2011.
Immagine di copertina tratta dal sito http://kairosterzomillennio.blogspot.com/2012/09/luomo-custode-del-creato-conclusioni.html