Nel cuore del centro storico di Napoli, nascosta in uno dei tantissimi palazzi antichi della zona, c’è l’associazione culturale A’mbasciata. Tra le mura di questo luogo magico, impregnato di arte in tutte le sue essenze e gestito da giovani appassionati, prende vita il nuovo format “Aperitivo dell’arte”: in tre appuntamenti verranno messi in scena degli spettacoli che racconteranno “la storia di diversi artisti che hanno lasciato un segno nel mondo della pittura, della musica e dell’arte in generale e alla fine di ogni spettacolo sarà possibile intrattenersi con un aperitivo e una visita guidata”. Il primo spettacolo, “Vincent – O come l’uomo si dissolve nel tempo, pur restando impregnato nella specie”, è andato in scena sabato 13 aprile e domenica 14 aprile.
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Vincent – O come l’uomo si dissolve nel tempo, pur restando impregnato nella specie
Il protagonista di questo corto teatrale è il pittore Vincent van Gogh, personaggio tormentato che ha da sempre affascinato tutto il mondo.
Tra le suggestive luci soffuse de l’A’mbasciata, l’attore Valerio Lombardi ha interpretato i panni del famoso pittore dando voce alle parole della drammaturga e regista Sharon Amato. Il dolore, la follia, la malattia del protagonista colpiscono immediatamente lo spettatore, seduto a pochi passi dalla scena nell’intimità della location. Il contatto con il pubblico è diretto, il coinvolgimento, il richiamo alle persone in sala, spezza prontamente la barriera della quarta parete e l’immersione nella mente di van Gogh è totale.
“Vincent” è un breve racconto della storia e del dissidio interiore del pittore de “La notte stellata”, nello specifico tocca il tasto dolente dell’esclusione: un uomo diverso che ha deciso di scegliere la sua strada e il suo modo di vivere, nonostante non rientrasse nei canoni costruiti dalla società. La diversità porta alla solitudine e la solitudine alla sofferenza che non sarà mai allietata in vita dal riconoscimento e dall’accettazione, sfortunatamente infatti van Gogh otterrà il successo dovutogli solo nella posterità.
Come tutto è cominciato
La regista ci ha raccontato che l’obiettivo che si era posta durante la scrittura del monologo di “Vincent” consisteva nel restare il più fedele possibile al pensiero e ai sentimenti del pittore. Questo lavoro è il frutto di un lungo studio sulla vita dell’artista, sia da parte di Sharon Amato sia da parte dell’attore protagonista, che si sono basati principalmente sulla corrispondenza epistolare tra Vincent e il fratello Theo.
In realtà, ci viene spiegato che la scrittura dell’opera è nata da un workshop, un concorso indetto dal Tram Teatro, durante il quale a Sharon e Valerio -che si sono conosciuti durante questa occasione- era stato affidato appunto un progetto da sviluppare su van Gogh: la scintilla è scattata immediatamente perché entrambi già pensavano di esplorare il mondo di questo grandioso pittore e riportare sulla scena, il più fedelmente possibile, la sua interiorità.
A seguito del workshop il testo è stato allungato e proposto agli spettatori de l’A’mbasciata, ai quali è stata raccontata in maniera intensa e coinvolgente -grazie alle forti e decise righe di Sharon e alla bravura di Valerio- l’intricata lotta interiore che dilania Vincent: barriere che vengono costruite sul palco sono la metafora evidente delle barriere che sono state costruite durante la vita dell’artista.
Muri di pregiudizi, di canoni, di negazione dell’io hanno avvolto Vincent per tutta la sua esistenza ma la regista spiega: “Vincent si allontana dalla società, attacca la chiusura di questa in una serie di regole di comportamento che tutti gli esseri umani dovrebbero seguire spregiudicatamente ma al contempo è egli stesso un recluso: anche Vincent costruisce le sue barriere, non vede oltre e non mette in atto uno scambio con il resto del mondo, che invece potrebbe arricchirlo, chiudendosi così nei muri della sua mente e del suo credo.”
Vincent van Gogh predecessore della modernità
Attraverso “Vincent” poi, la regista ha brillantemente legato la condizione di un uomo vissuto più di centocinquant’anni fa al nostro presente: van Gogh non riusciva ad adattarsi alla realtà che lo circondava e anche oggi c’è una difficilissima integrazione tra arte e vita, i giovani speranzosi affrontano con timore un futuro tutt’altro che accogliente e un mondo che non abbraccia le novità, le differenze ma che, al contrario, le denigra inneggiando il bisogno di omologazione alla massa. Contro questi standard lottava Vincent e contro di essi lotta chi, nonostante tutto, vuol comunque restare fedele a sé stesso e ai suoi principi: in tal modo Vincent van Gogh è stato un predecessore dei tempi moderni.
Gli appuntamenti del ciclo “Aperiarte” continueranno nei prossimi mesi con il secondo spettacolo basato sulla figura di Fabrizio de Andrè ed un terzo ancora segreto ed anche per questi due l’attore principale sarà l’intensissimo Valerio Lombardi e la regia e la sceneggiatura saranno curate sempre da Sharon Amato.
Vi presento Sharon Amato
La regista ci ha parlato un po’ di sé e del percorso che l’ha portata sulla strada del teatro:
“Mi sono diplomata al liceo classico Vittorio Emanuele di Napoli, a scuola non eccellevo ma già avevo capito di avere una naturale predisposizione per la letteratura italiana, latina e greca, la filosofia e la storia dell’arte. Io un tarlo nella testa ce l’avevo da quando ero piccola ed era il Teatro. I bambini ce l’hanno di natura ed infatti è importante che vengano coinvolti in questo mondo che insegna il gioco fantasioso, il rispetto, l’immedesimazione, l’empatia, la trasformazione del reale secondo una visione personale. Questo aiuta lo sviluppo dell’identità e soprattutto aiuta a sentirsi meno soli, senza poi parlare della possibilità di contribuire socialmente alla riflessione e al miglioramento del collettivo.
Dopo il diploma lasciai la casa materna per andare a Roma a studiare ciò che mi interessava e così mi laureai in Arte e scienze dello Spettacolo. Era una vita frenetica: lavoro, studio, treno, Roma, Napoli, studio, lavoro, e poi tutto si intrecciava con quello che stava cambiando attorno a me, alla mia famiglia e ai miei cari. Mia madre morì di tumore poco prima che scrivessi la tesi di laurea e a lei ho dedicato quel percorso di studi.
L’inserimento nel mondo del teatro
Poco tempo dopo seppi dell’apertura di una scuola di Teatro al Teatro Stabile di Napoli così decisi di provare questa strada che tanto mi aveva affascinato da sempre. Mi preparai per il provino con tanta passione ma senza troppe aspettative, non credevo sarei entrata, e invece, quando arrivò la mail di comunicazione delle ammissioni, lessi il mio nome tra quello di altre 26 persone. Da lì è cominciata la scoperta reale del teatro, quella in cui incontri e metti all’angolo i tuoi limiti, le tue barriere e provi a superarle, a prenderti in giro, rispettarti, superarti in qualche modo. Il triennio per me è stato difficilissimo perché lavoravo e seguivo la scuola, ero sempre molto stanca, ma ero contenta di quello che vivevo.
Progetti passati e futuri
Il secondo anno allo Stabile, io e altri tredici compagni ci iscrivemmo al concorso FringHart al cinema Ambasciatori: ai partecipanti era richiesto di presentare uno spettacolo teatrale che avesse come tema la Felicità: così nacque “Specchio Rotto”. Fu un’esperienza indimenticabile, ci avvicinò moltissimo, ma soprattutto mi permise di scoprire che potevo scrivere, che avevo molte cose da dire. Venimmo premiati: miglior testo, miglior cast, miglior spettacolo e premio speciale del pubblico per il miglior attore Umberto Salvato.
Partecipai alla Corte della formica diretta da Gianmarco Cesario, con un testo particolare –“Dietro la Casa”– che raccontava la storia di un pittore che non riusciva a dipingere più la bellezza della sua casa d’infanzia, ormai bruciata dai roghi di due imprenditori dai toni cupi e grotteschi. Il richiamo sottile era alla Terra dei Fuochi, dove io ero cresciuta e dove avevo incontrato la morte, per mano del Tumore, di tanti cari e conoscenti. Anche lì venimmo premiati.
Durante quest’estate al Tram ho conosciuto poi l’attore Valerio Lombardi e abbiamo cominciato a lavorare a “Vincent, o come l’uomo si dissolve nel tempo pur restano impregnato nella specie”. Lo spettacolo è in continua rielaborazione e dato il riscontro positivo ricevuto, sia al Chiostro di San Domenico, per la rassegna Vissi d’arte, sia dal ciclo “Aperiarte” all’associazione culturale A’mbasciata diretta da Gianmarco Sannino, è un lavoro che continuerà ad essere curato e distribuito.”
Daniela Diodato