La storia del figlio di Dio “che toglie i peccati del mondo” da sempre esercita un fascino speciale nel cinema. Mel Gibson, attore e regista statunitense di fede dichiaratamente cattolica, non ha mai tenuto nascosto il desiderio di voler portare sul grande schermo un’opera capace di raccontare fedelmente (inteso in senso tecnico più che spirituale) le ultime ore di Gesù Cristo sulla terra.
La passione di Cristo (The passion of the Christ) esordisce nelle sale durante i giorni antecedenti la Pasqua dell’anno 2004. Come ampiamente deducibile dal titolo il film mostra, con estrema ferocia, la passione che precede la morte del Cristo. Dopo varie considerazioni attinenti al luogo nel quale svolgere le riprese, l’ex protagonista di Braveheart sceglie Matera. La “città dei sassi”, grazie alla sua morfologia dai tratti in apparenza mediorientali, si presta perfettamente all’ambientazione ricercata dal regista. Altre scene della pellicola verranno invece girate negli studi di Cinecittà a Roma.
Il cast è composto da numerosi volti del cinema italiano, tra i quali Monica Bellucci (Maria Maddalena), Rosalinda Celentano (Satana), Claudia Gerini (Claudia Procula, moglie di Ponzio Pilato), Sergio Rubini (Disma). A vestire i panni del figlio di Dio è l’attore americano Jim Caviezel. L’obbligo di dover girare in pieno inverno causerà poi allo stesso Caviezel forti attacchi di ipotermia e polmonite.
La passione di Cristo realizza il record di incassi nella Pasqua 2004 con tre candidature agli oscar nell’anno seguente. Il film ha riscosso svariati apprezzamenti, ma anche un discreto numero di critiche. Queste ultime dovute prevalentemente ad una efferata rappresentazione della violenza, alle quali sono seguite accuse di antisemitismo provenienti da importanti personalità ed organizzazioni di fede giudaica. Mel Gibson rispedisce prontamente al mittente le accuse subite, sostenendo di avere lavorato secondo buona fede e tenendo sempre in conto quanto scritto nei passi del Nuovo Testamento.
L’umanità di Cristo e la disumanità dell’uomo
Gli attori recitano esprimendosi rigorosamente in aramaico, ebraico e latino, a seconda della appartenenza giudaica o romana dei propri personaggi. Le battute del film sono poche e ridotte all’essenziale. Allo stesso modo, essenziale risulta essere il messaggio d’amore fraterno lanciato dal film attraverso l’esempio del Messia. Ad inchiodare il palmo della mano di Cristo è lo stesso Mel Gibson, ed è sempre la mano del regista che va ad aiutare Maria Maddalena a rialzarsi da terra nel flashback inerente alla scena della lapidazione. Gibson trae così ispirazione dalla tecnica resa celebre dal maestro del brivido Dario Argento.
La presenza di Satana, impersonato dall’attrice Rosalinda Celentano, imperversa per tutto il racconto. Il male, prestando fede al suo carattere ambiguo ed ingannatore, assume fattezze corporee asessuate, si esprime attraverso voce subdola, veste nero e presenta carnagione cadaverica. Il demonio scompare e riappare più volte osservando con espressione maliziosa e compiaciuta il figlio di Dio che percorre il tragitto della via crucis. Ma ancor più spaventosa è l’immagine con la quale viene mostrato l’essere umano. Se infatti il diavolo è tentatore, l’uomo risulta meschino e corrotto, incapace di accettare il concetto di amore universale alla base del messaggio messianico.
La passione secondo Gibson
La passione di Cristo racconta le ultime ore vissute da Gesù Cristo. Il racconto parte dal momento della sua cattura notturna presso l’Orto degli Ulivi, passando per il sommario processo tenutosi nel Sinedrio, fino al momento della crocifissione sul monte Golgota. La passione risulta quindi il tema trainante del film. Essa assurge ad emblema di una storia d’amore non ricambiata. Gesù dispensa insegnamenti di vita verso l’umanità ma gli uomini non scorgono in lui nient’altro che una minaccia alle autorità vigenti. Come diversi registi che lo hanno preceduto Gibson trova nella Bibbia una scenografia completa che necessita soltanto di parziali accorgimenti tecnici per dar vita alla migliore trasposizione cinematografica possibile.
Gesù subisce in silenzio umiliazioni e maltrattamenti da parte dei suoi persecutori, siano essi farisei o soldati romani. Il nativo di Betlemme è solo, sorregge e porta il peso della croce, come se questa rappresentasse tutti i peccati del mondo e lui volesse trascinarli con sé fino al sopraggiungere della morte. Raggiunta la cima del monte Golgota, gli stessi soldati romani vengono mossi a compassione consentendo al condannato la possibilità di dissetarsi. Cristo muore appeso alla medesima croce. Gli stessi uomini che lo hanno ucciso però non potranno impedirgli di risorgere a nuova vita, ne potranno fermare la diffusione del suo messaggio di speranza e salvezza.
Davide Gallo