Conosciuto ai più soprattutto per la teoria sulla società postmoderna, Jean-François Lyotard ha anche il merito di aver introdotto una originale riflessione che riguarda il capitalismo. In particolare, egli si pone in controtendenza con le critiche avanzate verso quest’ultimo dai suoi predecessori. Al centro della sua disamina la coincidenza tra economia politica ed economia libidinale.
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Economia libidinale: che cos’è il desiderio?
Prima di capire perché l’economia politica vada ripensata nei termini di una economia libidinale – incentrata cioè sulle pulsioni libidinali – è bene capire cosa intenda Lyotard per desiderio. Già in Discours, figure, di cui questo testo rappresenta una sorta di continuum, Lyotard si era soffermato sull’impossibilità di relegare il desiderio all’ordine del Logos. Ad adoperare tale procedimento era stato soprattutto Jacques Lacan, che in qualche modo aveva incatenato il linguaggio all’inconscio. Lyotard si scontra, però, in questo saggio anche con la semiotica, che subordina il desiderio al segno e di conseguenza alla mancanza. Il desiderio, infatti, si inscrive in verità in una dimensione che esula da ogni distinzione.
La prima cosa da evitare, compagni, è pretendere di situarci altrove. […] Non c’è una sostanziale differenza tra formazione libidinale e una formazione discorsiva, in quanto entrambe formazioni, Gestaltungen. Un dispositivo libidinale, considerato come stabilizzazione o stato o insieme di stasi energetiche, appare a un esame formale come una struttura.
A partire da questo presupposto il desiderio va immaginato come un flusso energetico che scorre lungo una barra. La sua rotazione su se stessa non prevede opposizioni di alcun tipo, in quanto:
ha luogo senza esclusione in tutti gli assi, il punto centrale si sposta sul segmento in modo aleatorio, infine, alla stessa maniera si sposta nello spazio neutro.
Questo significa che, pur potendosi trasformare in struttura, il desiderio può fare a meno di ogni contrapposizione o dialettica tra pulsione di morte e principio di piacere.
Pulsione di morte e principio di piacere
Secondo Lyotard l’economia libidinale, proprio come l’economia politica, deve lasciarsi alle spalle ogni tentativo di classificazione o concettualizzazione. Questa idea spinge il filosofo a rivedere anche le concezioni freudiane di Eros e Thanatos. Si pensa che questa barra libidinale rallenti e velocizzi il movimento proprio in base a questi due principi. In verità, quelli non possono essere distinti o identificati in base alle loro funzioni.
Non è vero che Eros è un costruttore d’insiemi, di sistemi, compositore e maestro legatore, e che le pulsioni di morte sono invece le distruttrici dei sistemi, le decostruttrici, le scioglitrici.
La trasformazione in struttura o configurazioni deriva dall’abbassamento delle intensità del desiderio. Lyotard scrive:
anche la disfunzione o il deragliamento delle pulsioni di morte […] producono altrettante configurazioni, stasi, rigidità economiche che potrebbero passare silenziosamente per strutture formali.
Pertanto, principi e concetti vanno spazzati via a favore di un recupero delle intensità del desiderio, che molti moralisti ci hanno abituati a considerare soprattutto in termini negativi. In effetti, sembra non vi sia nulla di buono nella mancanza insita nel desiderio, nella coazione a godere o nello spasmodico spostamento di pulsioni da un oggetto all’altro. Da tale pregiudizio deriverebbe un errore comune: ignorare l’effettivo desiderio del corpo di vivere in tale condizione. In termini economici ciò si traduce nell’incapacità di comprendere che esiste la volontà di essere capitalizzati. Ne deriva anche, a detta di Lyotard, la nascita di una teoria del tutto inconsistente, quella dell’alienazione del soggetto.
Economia libidinale ed economia politica
Affievolire o negare le intensità crea ciò che Lyotard denomina “Grande Zero“. Si tratta di un’altra espressione del desiderio, che così egli descrive:
è fulcro di un dispositivo di circonversione che organizza le pulsioni, le ripiega su di sé e le annulla facendole passare per la sua mancanza e mostrandosi quindi come un dispositivo di potere che agisce sulla potenza delle pulsioni stesse pareggiandole su questa mancanza.
Per capire bene come funziona il capitalismo, l’intellettuale francese si sofferma però su un particolare tipo di zero, che non è quello del valore sopra descritto ma quello del plusvalore. Si tratta di ciò che non si esaurisce nello scambio tra moneta e merce, ma si estende ben oltre. La moneta va concepita come un’intensità libidinale. Pertanto, il mercante utilizza la moneta di credito per sospendere gli scambi e creare una sorta di riserva. Vi è, cioè, un’interruzione di energia che sarà poi sfruttata in seguito per accumulare altro denaro. Si passa così dal meccanismo di Merce-Denaro-Merce a quello di Denaro-Merce-Denaro. L’economia libidinale intrinseca nell’economia politica funziona nello stesso identico modo.
Dal capitalismo all’erotica taoista
Lyotard paragona il processo messo in atto dal capitalismo all’erotica taoista. Si realizza un’economia libidinale, che si gioca sull’inibizione del desiderio dell’uomo durante l’atto sessuale. Egli trattiene il seme e con esso anche l’energia che emana la donna. Solo più tardi saranno messi nuovamente in circolazione come mezzi di produzione. In pratica, si fa credito del niente per un guadagno ulteriore successivo, che include anche il funzionamento della moneta di pagamento oltre a quella di credito.
Sia nell’erotica taoista che nel capitalismo, inoltre, le azioni portate avanti sono due: da un lato si inibisce il desiderio e dall’altro si attinge ad energie esterne. In verità, entrambi gli spostamenti (interno ed esterno) non sono altro che un modo per alimentare la circolazione del capitale ed è in questa accezione che si verifica ciò che Lyotard definisce l’allargamento della produzione. Nella prospettiva taoista l’investimento dell’energia accumulata nel futuro comporta la nascita di una progenie sana.
Ripensare il capitalismo
Per tutto il saggio il filosofo pone in risalto l’importanza di un abbandono del punto di vista teorico sul meccanismo inscenato dal capitalismo e dall’economia libidinale. Questo significa anche porsi al di là della dialettica tra discorso/ordine e figura/disordine e affermare l’impossibilità di poter iscrivere un ragionamento logico nei movimenti pulsionali delle intensità. Lyotard scrive:
La richiesta di chiarezza deve essere delusa con forza.[…] Noi ci diciamo incapaci di garantire il legame delle nostre parole, dei nostri gesti, dei nostri sguardi con lo spazzamento pulsionale.
Eppure, nonostante ciò, è possibile scorgere qualcosa in questo marasma di pulsioni, di tensori di segni e segni in tensori. Proprio nel desiderio vi è forse la chiave di volta per ripensare il capitalismo in una accezione meno nefasta. In quel portato di distruzione e costruzione, che va oltre il capitalismo stesso e che certifica l’andamento irrazionale del meccanismo, Lyotard intravede la possibilità di rompere quei dispositivi in atto a favore di nuove e imprevedibili iscrizioni del desiderio.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Jean-François Lyotard, Economia libidinale, ed. Pgreco, 2012, Milano.
Giovambattista Vaccaro, Al di là dell’economico: per una critica filosofica dell’economia, ed. Mimesis, 2008, Milano-Udine.
Giovambattista Vaccaro, Desiderio e produzione. Inconscio ed economia in Lyotard, presente nella Rivista Italiana di Filosofia e psicoanalisi: L’inconscio. Reperibile al link: https://www.academia.edu/30786314/Linconscio._Rivista_Italiana_di_Filosofia_e_Psicoanalisi_n.2_2016_Linconscio_politico.