È finalmente riaperta la Villa dei Misteri a Pompei dopo una chiusura al pubblico di tre mesi e due anni di restauri. Il nome della villa è dovuto a ciò che raffigura l’affresco del salone principale: un rituale misterico di tipo dionisiaco.
Alla riapertura della Villa, avvenuta il 20 marzo 2015, era presente anche il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, che ha definito la Villa “Una perla che restituiamo al mondo”. Nel suo discorso Franceschini ha aggiunto che con la riapertura della villa Pompei si lascia alle spalle la sua storia recente tristemente legata ai crolli.
Villa dei Misteri: l’affresco
La Villa dei Misteri è collocata fuori dalle mura dell’antica città e coniuga in sé le caratteristiche dei due tipi di ville romane: quella rustica, organizzata per la gestione dei campi coltivati, e quella urbana, residenza lussuosa destinata ad essere abitata. L’interno della costruzione è diviso in varie stanze con decorazioni e dipinti interessanti, ma la decorazione che ha dato il nome alla villa, unica nel suo genere, è un affresco.
L’affresco si trova in una stanza che fu probabilmente adibita a triclinium, e descrive il percorso misterico che deve attuare una donna per prepararsi al matrimonio. Probabilmente si tratta di un rituale dionisiaco, anche se le interpretazioni sono contrastanti. Interessante è vedere che ciò che viene descritto nell’affresco sembra dividersi in scene, come delle sequenze cinematografiche. Le figure umane che vengono raffigurate probabilmente si trovano in uno spazio interno e non esterno, dato lo sfondo color rosso cinabro.
La descrizione del rituale dominata da figure umane si mescola con descrizioni allegoriche ricche di simbolismi e figure mitologiche. La prima sequenza raffigura una donna velata, probabilmente l’inizianda, che ascolta la lettura del rituale compiuta da un bambino nudo. Tutto ciò avviene alla presenza di una donna seduta, forse una sacerdotessa, che tiene tra le mani un rotolo, probabilmente la lista delle donne già iniziate. Questa scena è connessa alla seguente da una figura femminile incoronata d’alloro che regge un vassoio con delle offerte. Dopo questa donna, una figura femminile svela un drappo per rivelare il contenuto di una cesta.
Ecco che si passa dalle figure umane alle figure mitologiche a carattere dionisiaco e pastorale: un Sileno che suona la lira, una Panisca che porge il seno a una capra per farla poppare, e un Panisco che ha appena smesso di suonare. In contrasto con questa scena, una donna atterrita sembra scappare da un pericolo ignoto. Qui comincia la seconda parete, con una scena enigmatica: un Satiro solleva una maschera silenica alle spalle di un altro Satiro.
Quest’ultimo si sta abbeverando o forse si sta specchiando in un vaso che gli viene dato da un Sileno. Difficilissima da decifrare quest’ultima simbologia. Dopo la maschera comincia la parte lacunosa dell’ opera, che forse raffigura Dioniso tra le braccia di Arianna.
Al fianco di Dioniso, la figura di una donna inginocchiata che scopre il phallus, simbolo della forza generatrice della natura. Accanto ad essa, una figura femminile alata frusta una donna, che si rifugia in grembo a un’amica. Di fianco alla flagellata, una donna balla una danza orgiastica completamente nuda. Qui si chiude il ciclo dionisiaco. L’affresco è fisicamente interrotto da una finestra, e dopo la finestra è raffigurata la toletta nuziale: il viso della donna iniziata mostra un’espressione quasi traumatizzata.
Una teoria sul quadro dice che raffigura i ricordi di una donna che viene raffigurata in un angolo, all’inizio del ciclo. Altre teorie mettono in dubbio il fatto che i misteri fossero dionisiaci, altre ancora, sostengono delle interpretazioni profondamente allegoriche. Sta di fatto che il significato dell’affresco non è stato decifrato, e probabilmente non lo sarà mai.
Il restauro
Il restauro dell’affresco nella Villa dei Misteri è stato compiuto in maniera superba, anche grazie all’ausilio di moderne tecniche come il laser. “L’affresco è stato portato all’antico splendore”, ha dichiarato Franceschini, e indubbiamente quel che si presenta davanti agli occhi del visitatore non è più il lacunoso affresco di quattro anni fa, ma un’opera vivida e chiara.
Luigi De Maria