È il 1896 quando Vittorio Matteo Corcos (Livorno, 1859- Firenze, 1933) presenta il suo dipinto “Sogni” alla Festa dell’arte e dei fiori a Firenze. Il successo di critica e pubblico è incredibile, e se si pensa poi che subito dopo fu acquistato dallo Stato per arricchire la collezione della Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, allora inevitabile.
E’ un quadro, forse ancora oggi, tra i più noti dell’artista, che ha maturato nel corso del tempo una fama e una forza propria, autonoma da quella del suo autore. La giovane donna ritratta è Elena Vecchi, figlia dell’amico dell’artista Jack La Bolina (pseudonimo di Augusto Vecchi), alla quale fu sentimentalmente legato. Basterebbero le sole parole di Guido Menasci a descrivere l’opera: “gli occhi, i libri, la posa: ecco tutto il quadro”. Gli occhi grandi, profondi, stanchi forse per la prolungata lettura, i libri dalla copertina sgualcita, poggiati sulla panchina sono probabilmente dei romanzi sentimentali (che ritorneranno in Pomeriggio in terrazza e in Lettura sul mare del 1910);
infine la posa così poco convenzionale, così schietta e diretta, con le gambe accavallate (sconveniente per una donna dell’epoca) e il volto sorretto dal braccio. Tutti dettagli, che concorrono a tratteggiare il carattere del soggetto, divenuto emblema della donna fin de siécle emancipata, moderna, sicura di sé, bella e misteriosa, che ci guarda attraversandoci ma senza lasciarci entrare nei suoi pensieri, nei suoi desideri, nei suoi sogni, appunto, come il titolo evocativo. In fondo, convinto che “in un ritratto quel che conta sono gli occhi, se quelli riescono come voglio, con l’espressione giusta, il resto viene da sé”, Corcos riesce perfettamente a creare un ritratto dall’atmosfera sospesa tra il reale e l’irreale, nella lenticolare traduzione di oggetti e dettagli fisiognomici e un’inquietudine decadente e inafferrabile.
Nato a Livorno, Vittorio Corcos frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze, per poi soggiornare a Napoli e qui scoprire la pittura di Domenico Morelli, verso il quale prova un ammirazione sconfinata, e che sarà determinante per la sua pittura, e decisivo anche nell’orientarlo verso interessi letterari e musicali. Il soggiorno parigino (1880-1886) è caratterizzato dal contratto quindicinale con il famoso mercante Goupil per il quale produrrà quadri di genere, piccole scene di gusto minuziosamente ritratte (come “Luna di miele”) e molto apprezzate che lo introdussero in un giro di committenze internazionali.
Parallelamente, seguendo anche la lezione di De Nittis, Boldini e gli impressionisti, concepisce anche opere diverse che vanno al di là del semplice aspetto episodico e fine a se stesso, come “Ore tranquille”( 1885-90). Ma l’appellativo di “peintre des jolies femmes” (pittore di donne graziose) coniato per lui da De Blowitz non era detto a caso, infatti Corcos in questo stesso periodo si impone come tra i più illustri protagonisti della ritrattistica mondana, e in particolare di quella femminile. Eleganti apparizioni, nella loro grazia e compostezza, dalle pelli rosee e labbra rosse. Un quadro come “Le istitutrici ai Campi elisi” del 1892 dimostra come, ancora a questa data, egli continuava a mantenere un legame con la pittura della capitale francese. Un’istantanea, uno scatto pittorico rubato alla realtà, delle tre figure riprese quasi dall’alto nel parco francese disseminato di foglie morte in un tranquillo pomeriggio autunnale.
Ritornato in Italia si stabilisce a Firenze, sposandosi con la vedova Emma Ciabatti, donna colta ed elegante, che lo favorirà nelle relazioni pubbliche e nei contatti con gli intellettuali dell’epoca come Pirandello, D’Annunzio, Carducci, e altri (organizzando presso la propria dimora un circolo letterario), che si rifletteranno poi nella produzione di numerosi ritratti maschili, di cui “Pietro Mascagni” (1891) è uno dei capolavori.
La pittura di Vittorio Corcos, brillante, luminosa, elegante, moderna, coglie nel centro, e diverrà sempre più rinomata e richiesta dall’alta aristocrazia; un successo dovuto ovviamente non soltanto grazie all’incredibile virtuosismo tecnico e l’abilità di mestiere ma anche per la penetrazione psicologica dei suoi soggetti e l’interpretazione aderente allo spirito di un’intera epoca.
Si presterà al servizio dell’imperatore Guglielmo II, impegnandosi nel ritratto suo e quello della consorte Augusta Vittoria, ma non solo, si ricorda anche quello di “Amelia d’Orléans e Braganza, regina del Portogallo” (1905), o per Margherita di Savoia, e molti altri in cui rielaborerà in maniera moderna la tradizione del ritratto di corte, che gli varranno l’appellativo di ‘’pittore delle teste coronate’’.
Ad un ritorno alla natura, infine, alla luce, alla pittura en plein air con protagonista il mare, si aprono quei dipinti del nuovo secolo ambientati a Castiglioncello, meta sempre più frequentata dal pittore dove farà costruire una dimora per ospitare la sua numerosa famiglia e gli amici.
Ugo Ojetti, nel 1933, scrisse: “Chi non conosce la pittura di Vittorio Corcos? Attenta, levigata, meticolosa, ottimistica: donne e uomini come desiderano d’essere, non come sono”.
Marina Borrelli