Ugo La Malfa è stato Ministro, segretario e volto storico del Partito Repubblicano Italiano. Senza dimenticare il suo ruolo di primo piano della Resistenza nelle file del Partito d’Azione.
In questo articolo ripercorreremo, nelle linee essenziali, le tappe della vita politica di una delle figure più interessanti del secolo scorso attraverso gli scritti di Giovanni Spadolini.
«Si è dichiarata guerra allo Stato, si è proclamata la guerra allo Stato democratico. Ma lo Stato democratico risponde con dichiarazione di guerra.
La mia vecchia esperienza e la mia vecchia età mi fanno dire che nessuno può proteggere noi, anche se cittadini che fanno il loro dovere pagano la nostra protezione; nessuno può proteggere noi. E forse noi abbiamo bisogno di essere protetti. […] Continueremo a circolare, ma se nessuno può proteggere noi, noi con le nostre leggi possiamo proteggere tutti e questo è il nostro dovere di legislatori».
Sono le parole, queste, pronunciate alla Camera da un anziano Padre della Patria, Ugo La Malfa. E’ giovedì 16 marzo 1978, Aldo Moro è nelle mani delle BR e la Camera è chiamata a votare la fiducia al Governo Andreotti.
Da antifascista di vecchia data, La Malfa conosce bene i rischi che lo Stato democratico sta correndo, e di quanto possano risultare fragili quelle strutture repubblicane nate dopo anni di lotte e confronto politico e culturale spesso aspro.
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Chi è Ugo La Malfa?
Nato nel 1903, e coetaneo di Piero Gobetti e Carlo Rosselli (come tiene a precisare lo storico fiorentino), La Malfa sin dalla gioventù ha avuto modo di formare le proprie posizioni ideali insieme a quelle figure che rappresentano le vette più alte della cultura politica italiana nei primi decenni del Novecento, in quell’«autunno delle pubbliche libertà» segnato dall’avvento del Fascismo.
Se dal canto loro Gobetti e Rosselli risponderanno al Fascismo con La Rivoluzione Liberale e “Giustizia e libertà”, la risposta di La Malfa sarà nel 1946 l’Unione democratica nazionale. Una sorta di “Partito Democratico Italiano” (fondato nel 1913) e imperniato sui valori socialdemocratici e liberisti. La Malfa sarà inoltre uno dei fondatori sia del Partito d’Azione che del quotidiano “Italia Libera”, all’interno del quale saranno esposti i programmi del nuovo partito.
Leo Valiani, molto vicino a La Malfa nonché deputato nell’Assemblea Costituente, ricorda così gli obbiettivi del partito nel suo libro Tutte le strade conducono a Roma: «[…] La Malfa, aveva concepito il piano, certamente audace, di fare del partito d’azione il partito pilota, che volenti o nolenti, coscienti o a loro insaputa, trascina tutti gli altri a costruire insieme, sulle rovine del fascismo e dell’occupazione tedesca, una democrazia moderna».
Il ruolo del Partito d’Azione nelle intenzioni di Ugo La Malfa
Il “partito della democrazia” avrebbe dovuto conciliare i ceti medi con le esigenze popolari, avendo quasi un ruolo di cerniera tra le diverse classi sociali. Un partito riformatore, laico e vicino alla tradizione del radicalismo di stampo anglosassone, distante dagli schemi ferrei del liberalismo e dalle politiche assistenziali.
Questo doppio rifiuto, benché non categorico, sarà uno dei cardini della politica lamalfiana. Vi sarà sempre in lui la convinzione dell’esistenza di una via democratica accanto alla classica via socialista. Una via non contrapposta a quest’ultima ma forte di un pluralismo politico ed elettorale nel processo di costruzione di un paese moderno.
Ugo La Malfa seppe cogliere, inoltre, l’importanza della componente cattolico-democratica nella struttura della futura Repubblica. Non per questo venne meno il suo laicismo, che non sconfinò mai in un acceso anticlericalismo.
L’unione mancata con il Partito Socialista Italiano
23 gennaio 1945, la Seconda Guerra Mondiale volge al termine e l’Italia aspetta le prime elezioni libere dopo il Ventennio Fascista. Dalle colonne di “Italia Libera” il leader siciliano avanzerà una proposta per certi aspetti clamorosa: dar vita ad un «raggruppamento democratico con aspirazioni maggioritarie», che possa garantire al sistema le riforme strutturali.
Gli obiettivi della proposta sono chiari: isolare a destra i liberali, a sinistra i comunisti ed avvicinare i due grandi gruppi, quello cristiano-democratico e quello socialista, con l’appoggio di repubblicani e azionisti. Un’anticipazione di quella che poi sarebbe stata la stagione del centrosinistra.
L’idea della grande coalizione nascerà anche a seguito della delusione arrivata con la formazione, nel dicembre 1944, del Governo Bonomi, caratterizzato da una serie di situazioni rimaste invariate e da una «mollezza prefascista» (sono le parole utilizzate da La Malfa in una lettera indirizzata ad Adolfo Tino, volto noto del Pd’Az).
L’alleanza con i socialisti di Nenni salterà a causa del motivo per cui La Malfa l’aveva proposta: i legami e i condizionamenti con il Pci. Fu una grande occasione mancata che il segretario repubblicano ricorderà spesso con rammarico ma senza mai recriminare nei confronti di Nenni. La “rivoluzione democratica” che in La Malfa aveva toni quasi messianici non avrà mai un compimento. Ciò nonostante aveva tra i suoi sostenitori Lussu, Parri e Valiani. Con amarezza lo stesso leader azionista commenterà: «una grande energia morale si è dispersa».
Contro le tentazioni disgregatrici e demagogiche
Altro episodio particolarmente interessante sul quale Spadolini si sofferma con estremo interesse risale al marzo del 1974. La Malfa ha da poco annunciato le dimissioni da Ministro del Tesoro per via di alcune insanabili divergenze con il socialista Giolitti sull’espansionismo economico. Il fattore di novità attorno questa vicenda fu il grande appoggio che La Malfa riesce ad ottenere all’interno dell’opinione pubblica.
Le sue battaglie erano state finalmente capite, tant’è che molte personalità tutt’altro che vicine al Pri, ricorda Spadolini, promettevano appoggio e sostegno. Allo stesso tempo il leader provava un forte travaglio interiore. Dalle sue parole comprendiamo un forte rifiuto di qualsiasi tentazione disgregatrice e qualunquistica.
«Se scendessi sul terreno della protesta contro la classe politica, se accettassi questo moto di opinione pubblica delusa e frustrata dai poteri pubblici, potrei raggiungere tranquillamente i quattro milioni di voti. Ma c’è un limite insuperabile che non potrò mai valicare: io sono un uomo del sistema, sono intimamente legato a questo sistema politico. E non potrò mai compiere un passo verso un’opinione pubblica che porta con sé prevalentemente […] un’istanza qualunquista e di disgregazione delle istituzioni repubblicane».
Ugo La Malfa e l’incarico di governo nel 1979
Nel febbraio del 1979 Ugo La Malfa riceverà dal Presidente della Repubblica e compagno durante la Liberazione Sandro Pertini l’incarico di formare il nuovo governo.La strada seguita da Pertini è inedita quanto innovativa: creare il primo governo a guida non democristiana dal 1946.
Non per caso Spadolini parlerà di «incarico laico».
Il compito di La Malfa non può essere scisso dal contesto in cui ci si trova: gli anni della solidarietà nazionale. Una solidarietà entrata definitivamente in crisi dopo la morte del suo più grande promotore, Aldo Moro.
L’ex segretario repubblicano è ben consapevole di quel «gioco paralizzante di veti e controveti che si è inserito nella cornice dell’emergenza», basato su quei «piccoli calcoli di concessioni ipocrite ed equilibratrici», dai quali vuole tenersi alla larga.
Durante le consultazioni con gli altri partiti La Malfa non scoprirà mai le sue carte, nessuno saprà quali potrebbero essere le sue mosse. Eccetto i suoi più stretti collaboratori, tra i quali Andrea Manzella. Sarà proprio Manzella che si soffermerà sulle preoccupazioni che La Malfa avrà per quanto riguarda lo scacchiere internazionale. Come ad esempio evitare provincialismi o visioni a breve termine, ma perseguire piuttosto il sogno di una Italia dal respiro europeo. Idee di un europeista ed atlantista convinto.
Primo obbiettivo di La Malfa in queste concitate ore sarà la creazione, questa volta in maniera permanente, del comitato di consultazione tra i cinque partiti (Dc, Psi, Pli, Pri, Psdi). E’ questa un’idea che viene ripresa a distanza di diversi anni, condivisa anche da Fanfani, cioè dai «tempi delle angosce e degli affanni del centro-sinistra».
L’apertura al Psi e le opposizioni di Dc e Pci
Non meno innovativa fu la sua apertura diretta al Psi. Il ruolo che La Malfa intende dare ai socialisti è quello di garanzia a livello internazionale in vista delle imminenti Europee. Una garanzia per evidenziare il diverso rapporto di forze con i comunisti: forti in politica interna ma poco quotati nel campo della politica atlantista.
I socialisti ricambieranno quest’apertura, garantendo un appoggio al governo anche senza il sì o con l’astensione comunista. Nonostante tutto La Malfa continuava ad essere scettico sulla buona riuscita dell’operazione, soprattutto per via di Dc e Pci. I cattivi presagi del deputato repubblicano trovarono conferma in una riunione notturna dei due grandi partiti dove sarà sottolineato il fastidio per l’iniziativa socialista.
Spadolini riassumerà la vicenda citando prima Pajetta: «due grandi partiti non hanno bisogno della mediazione di nessuno quando hanno cose da dirsi». Poi Togliatti durante le riunioni del CLN: «qui c’è anche chi non avrebbe titolo per esserci. Dovrebbero esserci solo comunisti, socialisti e cattolici».
Il debito con Ugo La Malfa
Secondo la visione di Spadolini, soltanto nel momento della morte l’opinione pubblica riuscì ad avvertire quale fosse il peso di questo politico ed intellettuale. Alcune delle sue visioni politiche, che sono state poc’anzi affrontate, furono in un primo tempo rifiutate dagli altri schieramenti se non addirittura satireggiate.
Ne è un chiaro esempio la solidarietà nazionale: una politica percorsa su strade diametralmente apposte rispetto a quelle che erano gli schemi da lui immaginati. La sua vicenda ricorda, sotto alcuni aspetti, l’assassinio di Aldo Moro: una rivalutazione arrivata solamente dopo la morte.
Il commosso saluto che in moltissimi tributarono ad Ugo La Malfa a Palazzo Chigi, dove la sua salma fu esposta, ne è il fulgido esempio.
Giuseppe Mercuri
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
- Giovanni Spadolini, Padri della Repubblica, Passigli Editori, 1998.
- Giovanni Spadolini, Italia di minoranza. Lotta politica e cultura dal 1915 ad oggi, Le Monnier, 1984.