Le “bufale” dei neoborbonici: perchè sono sbagliate

Il neorbonismo è un movimento con radici fragilissime. Spiegheremo perché essere neoborbonici è fondamentalmente sbagliato

Oggi più che mai va di moda il separatismo. Il Nord e la Padania l’hanno propugnato per anni grazie alla Lega Nord. Nel Mezzogiorno non c’è un partito di egual potere, che possa portare la voce del Sud alle Camere, ma esiste un vasto movimento per lo più culturale che non solo propone la separazione dal resto d’Italia, ma addirittura il ritorno dei re Borbone.

Stazione Napoli Portici
Quadro ritraente l’inaugurazione della Napoli-Portici

I neoborbonici basano le proprie idee su un fatto che è talmente semplice da sembrare vero: prima dell’avvento dei Savoia, il Sud era ricco, prospero e avanzato. Come esempio di tale prosperità viene citata sempre la linea ferroviaria Napoli-Portici, costruita nel 1839 e quindi la primissima d’Italia.

Oppure il bidet, a quanto pare sconosciuto ai Torinesi. Con Vittorio Emanuele II sarebbe avvenuta la tragedia: il furto dell'”oro di Napoli”, il regime militare e lo sfruttamento. I neorborbonici propugnano il ritorno della casata di origine spagnola considerandola l’ultima che abbia fatto il bene del meridione italiano, al contrario dei Savoia che l’avrebbe trattato alla stregua di una colonia.

Ci sarebbe molto da dire, ma cerchiamo di andare con ordine.

Le “mezze verità” dei neoborbonici

Non è per niente vero che il Sud fosse ricco. Se, dopo il 1861, osservatori del nord arrivarono a dire che sembrava di essere in Africa, un motivo doveva pur esserci. Per esempio, le strade erano quasi inesistenti, se non si vuole contare le quattro strade principali che servivano a collegare la capitale alla parti più remote del regno. E anche quelle strade erano curate malissimo. Alla base della poca spesa verso infrastrutture che avrebbero migliorato la viabilità c’era il pensiero che non servivano strade quando c’era il mare, il che portò i fondi verso la marina militare e commerciale.

neoborbonici
Stemma dei Borboni-Due Sicilie spesso usato dai neoborbonici

Altro esempio? Le bonifiche non vennero portate avanti perché i contadini temevano che queste avrebbero potuto intaccare le loro abitudini. Inoltre il costo di tali bonifiche sarebbe caduto interamente su di loro e non furono chiari i vantaggi che ne sarebbero conseguiti.
In generale, tutta la politica di intervento fu segnata dagli interessi settoriali e particolari invece che da quelli generali.

Ancora: l’agricoltura in generale era a livelli arretrati rispetto al resto d’Europa, sia per quanto riguarda i mezzi che i contratti di lavoro, dove non era raro trovare la medievale mezzadria. Solo la produzione e l’esportazione dell’olio, che avvenivano in maggior parte in Terra di Bari, funzionavano a livelli soddisfacenti, ma non al punto di dare prosperità al paese.
L’industria funzionava solo grazie alle tariffe protettive che non permettevano l’espansione di importazioni ma al tempo stesso fecero sì che le industrie lavorassero solo ed unicamente per il mercato interno. Inoltre i distretti industriali creati con fondi elvetici o inglesi erano di dimensioni ridotte e le tecniche qui impiegate non erano all’avanguardia.

La situazione era di generale arretratezza ma da Napoli si cercò di mantenere la situazione sotto controllo dal 1815 fino alla caduta. Perciò, quando i Savoia estesero l’utilizzo della lira a tutto il territorio, generando inflazione e rincaro dei prezzi, la miseria fu addebitata, abbastanza giustamente, al nuovo Stato Italiano. Non aiutarono all’immagine di Casa Savoia i 200mila uomini mandati a sedare le bande di briganti che infestavano boschi e campagne.

Ma la Napoli-Portici? Sì, quello è un primato vero. Tuttavia nei vent’anni successivi vennero costituti solo altri 90 km di strada su ferro mentre al nord ce n’erano circa duemila.

Vittorio Emanuele II
Il “ladro”

Quindi, se è abbastanza giusto accusare i Savoia di aver portato avanti, per molti anni, una politica che ha danneggiato il Sud, non è per niente corretto mitizzare i quattro Borbonecome fautori del progresso napoletano. La tradizionale arretratezza del Mezzogiorno è cominciata proprio da loro.

Roberto Leone

Fonti:

– A. Spagnoletti, Storia del Regno delle Due Sicilie, Il Mulino, Bologna, 1997
– http://www.miol.it/stagniweb/fs101.htm