La Pop Art è un’arte che cattura per il suo carattere eccentrico, accattivante, colorato. Dagli anni ’50 a oggi la PopArt è rimasta la forma artistica di maggiore rintracciabilità nella vita di tutti i giorni.
A dimostrarlo sono il design delle grandi major internazionali che attraverso l’uso incondizionato di immagini estrapolate dalla cultura Pop hanno lanciato intere campagne di lifestyle. Un esempio sono le recenti bags Eastpak o la linea di intimo Calvin Klein.
Quella Pop è l’arte a misura d’uomo, riconosciuta dalla cultura alta e dalla cultura bassa. Il suo stesso appellativo, popolare, deve essere inteso come massa e non semplicemente del popolo.
Il linguaggio di questo movimento, così immediato, è stato riconosciuto e apprezzato da galleristi, collezionisti, ma soprattutto dalla gente comune.
La Pop Art parla alla collettività e la sua trasversalità è il segreto del suo successo, nonché il suo antidoto di immortalità.
Indice dell'articolo
Dove è nata la Pop Art?
Il movimento ha contagiato rapidamente la cultura globale, ma le sue radici partono dalla Gran Bretagna. Nella fine degli anni Cinquanta la Pop Art si insinua all’interno del mondo dell’arte. Si contrapporrà in maniera significativa agli stili introspettivi dilaganti nel dopoguerra. Gli artisti che scelsero di avvicinarsi al movimento Pop utilizzavano un linguaggio che era un concentrato di ironia e parodia. Al centro delle loro tematiche c’era la società, e tutto ciò che la componeva. L’arte non fu risparmiata da quei simboli potenti e manipolatori che influenzavano la quotidianità e lo stile di vita di quegli anni.
Perché Pop Art?
L’ingresso del termine Pop Art è generalmente attribuito al critico d’arte e curatore britannico Lawrence Alloway. Era una definizione inserita all’interno di una pubblicazione dal titolo The Arts and the Mass Media, del 1958.
Ma i veri predecessori, che hanno portato il movimento alla sua creazione, sono l’Indipendent Group, fondato a Londra nel 1952.
Si trattava di un collettivo di giovani pittori, scultori, architetti, scrittori e critici che hanno sfidato l’approccio modernista e le visioni accademiche in voga. Le tendenze del gruppo si incentravano sulle interazioni di elementi come la pubblicità di massa, i film, il design dei prodotti, i fumetti, la fantascienza e la tecnologia. All’interno di un collage dell’artista Paolazzi del 1947, I was a Rich Man Plaything, veniva ritrovata per la prima volta la parola “Pop”. Questo è il motivo per cui l’opera è spesso annoverata come portabandiera del movimento della Pop Art.
Gli Stati Uniti e la PopArt
L’apice del movimento Pop ha avuto luogo negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta. Gli americani sono stati audaci e aggressivi nel loro approccio al movimento rispetto agli artisti inglesi che hanno posto al centro delle loro riflessioni immagini cariche di sfumature sentimentali e umoristiche. Gli statunitensi hanno concentrato le loro tematiche sulla materialità che circondava l’uomo contemporaneo. In pieno boom economico e ascesa del consumismo, gli idoli da venerare si trovavano negli schermi dei televisori e sui cartelloni pubblicitari.
La nuova espressione
La Pop Art del nuovo continente era contraddistinta da una forte carica informale.
Questa giovane generazione di artisti era alla ricerca di una nuova espressione figurativa più immediata e riconoscibile. Le opere cominciavano a provenire dagli oggetti commerciali: hamburger, auto, fumetti si trasformavano in merce di lusso, diventando oggetto da milioni di dollari.
Tutto ciò che era sul mercato ci ritornava ma questa volta si parlava del mercato dell’arte.
Il ruolo degli artisti della Pop Art è stato rivoluzionario. Rifiutanvano molte delle conoscenze e degli interrogativi dei loro predecessori, ponendosi nuove domande.
Tra tutte molto importanti risultavano la questione del metodo per conservare il carattere esclusivo dell’opera. Gli artisiti si ponevano il problema della riproducibilità dell’arte nell’epoca industriale.
Gli artisti Pop: manipolatori del linguaggio
Le domande di questa nuova generazione hanno portato alla creazione di stili differenti.
Molti artisti hanno sperimentato, alternando diverse tecniche. I più audaci si sono cimentati in improvvisazioni realizzando l’opera davanti agli spettatori, rendendo inaspettato il risultato finale.
Gli artisti Pop diventavano dei manipolatori del linguaggio di massa. Le immagini dei mezzi di comunicazione, gli oggetti fabbricati a scopo industriale, i simboli della realtà assumevano una doppia valenza, un’ambiguità in bilico tra la funzionalità e il loro aspetto ludico.
Il mondo in bianco e nero della prima metà del secolo si era capovolto in una dimensione sgargiante, colorata ed eccessiva. Una visione giocosa e gioiosa, che coinvolgeva senza discriminazioni, alla portata di tutti. Cambiavano i valori, cambiava la visione del mondo, cambiava la società.
Lo stile Pop di Roy Lichtenstein
Figura cruciale per la costituzione del linguaggio Pop è stato indubbiamente Roy Lichtenstein. L’artista ha estrapolato le fonti del suo lavoro dalla cultura popolare, ma selezionando gli elementi con raffinatezza in modo da rendere le sue opere sempre estremamente estetiche. Pur volendo esprimere la banalizzazione, Lichtestein riesce ad affascinare con la sua ironia pungente che rende i suoi lavori estremamente personali.
La contaminazione tra la cultura popolare espressa dal fumetto e l’atteggiamento pittorico di un intellettuale colto vengono ritrovate nella composizione. Essa è realizzata con i mezzi formali tipici del fumetto e delle tecniche tipografiche a esso connesse: il contorno nero e ben definito, il colore disomogeneo, la stampa di scadente qualità, la presenza della puntinatura, l’uso di di colori primari, secondo la tecnica di lavorazione Ben Day. Le immagini sono solari, descrittive, ironiche, espressione di un mondo nuovo, spensieratamente consumistico ed entusiasticamente moderno.
Lo sperimentatore Andy Warhol
Aldilà di tutti la personalità che più è associata, se non addirittura fusa con il movimento Pop, è stata quella di Andy Warhol.
Irriverente, cinico e sfacciato, Warhol è stato un maestro indiscusso. Nella sua carriera Warhol non si è mai privato di alcun tentativo di sperimentazione suggeritogli dalla propria creatività.
Il suo lavoro, marciando di pari passo con i miti, le problematiche e gli eccessi della società, ha segnato un’epoca.
Sono diverse le opere con cui Warhol è passato alla storia, diventando il volto della Pop art. Prima tra tutte la popolare serie dei barattoli della minestra Campbell. L’opera ha dimostrato come un prodotto di massa è riuscito a elevarsi e contagiare l’arte. Indimenticabili sono anche le serie che riguardano le celebrità, come Marilyn Monroe, Muhammad Alì tra gli altri, o ancora le serie che trattano le problematiche sociali, come ad esempio la serie sulla sedia elettrica.
Warhol dimostrò che era diventato estremamente semplice eliminare l’autorialità dell’opera d’arte per renderlo un oggetto realizzato in serie, quasi come fosse un prodotto industriale.
Le sue intenzioni erano quelle di portare la Pop Art al di là dello stile artistico cercando di renderlo uno stile di vita.
Il critico Arthur Danto ha definitto Warhol “la cosa più vicina a un genio filosofico che la storia dell’arte abbia prodotto”.
The American Supermarket
Dai primi anni Sessanta la Pop Art ha iniziato a catturare l’interesse delle gallerie e delle istituzioni più convenzionali, preparandosi a cambiare il mondo dell’arte.
Dal 1962, gli artisti hanno cominciato a esibirsi in gallerie commerciali tra New York e Los Angeles. Per alcuni, è stato il loro primo One-Man Show.
Tra le esposizioni indimenticabili dell’avventura Pop vi fu The American Supermarket, organizzata dalla Galleria Bianchini nel 1964. Lo spettacolo è stato presentato come un tipico supermercato di piccole dimensioni. La differenza era che ciò che si trovava nel supermarket (dai cibi in scatola, alla carne, ai manifesti affissi al muro) tutto era creato da importanti artisti Pop. Tra questi: Apple, Warhol, Lichtenstein, Wesselmann, Oldenburg e Johns.
La Pop Art in Europa
Ma America e Gran Bretagna non furono le uniche a essere inondate dalle influenze del movimento Pop.
Dalla Europa all’Asia non ci fu nazione che non è stata conquistata dall’arte della massa. Francia Spagna, Italia, e continuando fino al lontano Giappone sono rimaste coinvolte e affascinata da questa corrente che fondeva i diversi livelli della società e della cultura.
La generazione italiana della Pop Art
In Italia la Pop Art fu accolta con entusiasmo da alcuni artisti romani che si raccolsero in quella che fu definita La Scuola di Piazza del Popolo.
Gli interpreti italiani del movimento hanno declinato in termini più colti è concettuali le tematiche del quotidiano tipiche della Pop Art.
Gli artisti provenivano da un mondo carico di un bagaglio culturale e artistico ben diverso da quello oltreoceano. Questo li ha portati a rappresentare e sacralizzare in maniera giocosa i fermenti di uno dei momenti cruciali dell’evoluzione della società italiana.
Nè critica né passiva, l’Italia ha presentato una Pop Art che è stata una ricognizione dell’esistente. Il mondo cambiava e le nuove immagini erano prese come ispirazione da ogni angolatura: dalle insegne stradali ai simboli monetari, ai poster per strada, al cinema.
La Pop Art Settantanni Dopo
Sono ormai passati settant’anni dall’avvento della Pop Art, ma qualunque opinione si possa avere di questa eccentrica corrente artistica, è stato un momento fondamentale della storia. Ha permesso di accentuare i limiti e i margini dell’arte come della società. Il prodotto di massa non è stato più visto solo nella sua mercificazione, ma sotto tutta la sua essenza estetica e allo stesso tempo il prodotto puramente artistico è diventato merce.
Arte e realtà si confondono alla ricerca di qualcosa di gradevole.
Quando si guarda alla Pop Art si crede di parlare degli anni cinquanta di un secolo passato, ma osservendo opere come quelle di Maurizio Cattelan, Jeff Koons, Francesco Vullo e tanti altri non sembra un tempo così lontano.
Michela Sellitto
Bibliografia
- Alastair Sooke, Pop Art, Una storia a colori, Piccola Biblioteca Einaudi, 2016.
- Marco Livingstone, Pop art. Una storia che continua, Leonardo, 1990.
- Raphaël Sorin, Pop art, Abscondita, 2019.
[…] Publio Virgilio Marone nelle sue Bucoliche ebbe a dire “Omnia vincit amor et nos cedamus amori” (lett. “L’amore vince tutto, anche noi cediamo all’amore”)”. Impossibile fermarsi dinanzi ad una forza così dirompente, imprevedibile e travolgente che spesso disarma chiunque entri nel suo vorticoso concretismo. La sensazione più piacevole che tutti vorrebbero provare e che si determina con piccoli gesti, un sorriso, un abbraccio, una carezza o un bacio, ogni uno di questi pieni di un proprio significato intrinseco. La tradizione artistica dalla notte dei tempi racconta questo sentimento, sotto varie forme e con un numero impensabile di opere d’arte. Certamente si è portati tendenzialmente a pensare l’amore unicamente come una passione tra due innamorati, ma non è sempre così, esistendo anche il binomio madre figlio. Il sentimento dell’amore attraversa secoli e secoli di produzioni artistiche, dal Medioevo al Rinascimento fino ai giorni nostri con l’Arte moderna e la Pop Art. […]