1870 – Londra vittoriana
Il periodo che comprende la seconda metà dell’Ottocento viene definito Seconda rivoluzione industriale: importanti innovazioni tecnologiche cambiarono il volto delle industrie che si diffusero in tutto il mondo. La Londra vittoriana, ossia la capitale dell’Inghilterra governata dalla Regina Vittoria, era il simbolo della nuova città industriale ottocentesca, con i vantaggi e svantaggi che ne derivavano. Inoltre dal 1870 non ci furono per diversi decenni guerre in Europa: questo periodo di pace che durò fino al 1914 viene chiamato Belle Époque e si riferisce soprattutto alla Francia, di cui la capitale, Parigi, diventa un grande centro culturale. La Tour Eiffel diventa l’icona più famosa di questi anni.
Londra: la capitale del mondo ottocentesco
La Londra ottocentesca era praticamente la capitale del mondo conosciuto. Grazie alla sua flotta, il Regno Unito dominava i mari. L’Inghilterra era anni in avanti rispetto al resto del mondo: le ciminiere dominavano i cieli, le industrie erano presenti ovunque. Se la comparsa del proletariato con le relative disastrose condizioni abitatie, igieniche ed economiche per gli operai, anche la prima legislazione a loro favore iniziò ad emergere per prima in Inghilterra.
La diffusione delle ferrovie rese Londra la prima metropoli del mondo: inglobava progressivamente i quartieri circostanti, facendo sì che la popolazione londinese aumentasse sempre di più. Inoltre Londra iniziò ad attrarre tantissimi immigrati.
Numerosi simboli di Londra furono costruiti in questo periodo: il Big Ben, il Tower Bridge, il palazzo di Westminster, Trafalgar Square, la Royal Albert Hall.
La Rivoluzione Industriale: perché in Gran Bretagna?
Sia la Prima sia la Seconda Rivoluzione Industriale avvennero prima in Gran Bretagna che altrove. Ma perchè?
In realtà è importante, prima di tutto, chiedersi perché l’industrializzazione sia avvenuta prima in Europa e non in altre zone del mondo che spesso erano anche più grandi e più ricche di risorse, come la Cina e l’impero arabo.
Uno dei vantaggi dell’Europa preindustriale rispetto alle altre civiltà, fu proprio la maggiore tutela delle libertà individuali, con una pluralità di istituzioni politiche e culturali che permettevano il formarsi di un sapere critico e una notevole libertà di pensiero. Per questo i paesi europei furono i primi a sviluppare il fondamentale concetto di libertà di impresa che – non senza alcune diffidenze iniziali – permise la nascita e lo sviluppo di un dinamico ceto mercantile.
Fu semprein Europa che si affermò progressivamente una giustizia impersonale e oggettiva, basta su codici che salvaguardavano principi fondamentali come quello della protezione dei diritti di proprietà. In Europa si andò invece affermando il principio No taxation without representation, che impediva alla monarchia di imporre nuove tasse senza il consenso dei rappresentanti popolari.
Fu proprio il paese europeo più avanzato in materia di diritti individuali ad avvantaggiarsi rispetto agli altri: la Gran Bretagna. In un processo che affonda le sue radici nel Medioevo, con la Magna Charta che – tra le altre cose – sancì anche il principio dell’habeas corpus. Il confronto sulla tutela dei diritti individuali tra i paesi europei e le altre civiltà, chiarisce perchè in queste ultime non ci fossero i requisiti necessari per il processo di industrializzazione.
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Età vittoriana: il lungo regno della regina Vittoria
Per età vittoriana s’intende il periodo della storia britannica sotto il regno della regina Vittoria I, che va dal 1837 fino al 1901. L’età vittoriana è sicuramente uno dei periodi che hanno più affascinato il mondo contemporaneo, ricco di innovazioni e di riforme da un lato di ombre e problemi sociali dall’altro. La complessità della società vittoriana è stata raccontata dagli scrittori , come Charles Dickens e Thomas Hardy, che hanno ritratto le difficoltà e le contraddizioni del mondo inglese dell’epoca.
Durante l’età vittoriana in Gran Bretagna ci fu la seconda fase della rivoluzione industriale, che portò cambiamenti economici e culturali. Nel 1851 ci fu a Londra la Grande Esposizione voluta dal principe Alberto per mostrare al mondo la potenza industriale britannica. La crescita economica si concentrò soprattutto tra gli anni Venti e gli anni Settanta dell’Ottocento. L’economia britannica in età vittoriana era la più ricca al mondo.
Questa condizione di benessere non valeva solo per le classi ricche ma anche per i lavoratori; anche se il loro stile di vita era logorante e faticoso, con turni di lavoro massacranti, anche le famiglie più modeste potevano permettersi una casa e del cibo, cosa, purtroppo, non scontata. Per chi apparteneva alla classe media lo standard di vita migliorò, tanto da iniziare a potersi permettere le prime vacanze. Si diffusero sempre più prodotti fabbricati in serie e a basso costo, che sempre più persone potevano permettersi.
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La nascita dell’EXPO
In concomitanza alla rivoluzione industriale nasce l’EXPO, l’Esposizione universale finalizzata a mostrare al resto del mondo i progressi della scienza. La prima esposizione, quella del 1851 in Inghilterra, nacque per caso, grazie ad una idea del principe Alberto di Sassonia- Coburgo-Gotha e marito della regina Vittoria.
Per esaltare i traguardi raggiunti dall’avvio dell’industrializzazione, il principe Alberto, all’epoca membro e presidente della Royal Society of Arts ( una fondazione con l’obbietto di promuovere e sostenere ogni attività produttiva, artistica e commerciale frutto dell’ingegno umano) ebbe l’idea di creare un’esposizione che mostrasse al mondo tutti i traguardi raggiunti dall’uomo in campo tecnologico e produttivo.
Con il nome di Great Exhibition, la prima esposizione universale si svolse dal 1 Maggio all’ 11 Ottobre 1851 nel Crystal Palace, un immenso edificio vetrato in stile vittoriano costruito per l’occasione nell’ Hyde Park di Londra.
Per l’Expo di Parigi del 1889, in concomitanza del centenario della Rivoluzione Francese, fu costruita la Torre Eiffel, una struttura imponente in ferro progettata dall’ingegnere Gustave Eiffel e che doveva essere smontata alla fine dell’Esposizione. La Torre, rivelandosi utile per gli esperimenti sulla radiotelegrafia, fu però lasciata al suo posto diventando il simbolo della città. In quell’occasione fu sperimentato anche l’uso dell’elettricità su vasta scala.
L’invenzione dell’automobile
L’invenzione del motore a quattro tempi avvenuta nel 1876 dall’ingegnere tedesco Nikolaus August Otto permise alla Benz & Cie di brevettare la prima auto nel 1876. Si tratta della Benz Patent Motorwagen. La prima della storia dell’automobile.
Tutt’ora il nome Benz è legato al celeberrimo marchio Mercedes. Quella della Benz fu in realtà un triciclo perché allora ancora non si era capito come far sterzare l’asse delle due ruote anteriori. Nonostante ciò mai fino a quel momento vennero impiegati congiuntamente un carburatore, un sistema di raffreddamento ad acqua, un sistema di accensione elettrica e di sterzatura.
Negli anni ’80 nacquero simultaneamente le prime fabbriche di automobili. Oltre la Benz&Cie in Germania, la De Dion-Bouton in Francia nel 1883. All’esposizione internazionale di Torino del 1884 l’ingegnere Enrico Bernardi presentò un prototipo di veicolo con motore a benzina con tre ruote.
Mill: la tradizione liberale inglese
La Rivoluzione industriale inglese, come detto sopra, non sarebbe stata possibile senza la presenza del pensiero liberale. Il filosofo che risulta la maggiore espressione del liberalismo inglese nell’Ottocento è John Stuart Mill.
Per Mill l’individualità è un elemento positivo e centrale anche per la formazione del cittadino. La libertà milliana è un valore principe e virtuoso della società. Il filosofo cerca di capire che forma debba avere una società che tenga alla libertà come qualcosa che non è visibile solo in momenti circoscritti. Mill vede con chiarezza il ruolo di un “lavoro morale primario”, ovvero del lavoro compiuto nel conoscersi, per una società libera.
Grazie al “lavoro” , gli individui si costituiscono come soggetti che esercitano con libertà e creatività le proprie facoltà. La vita individuale è trasformata dal lavoro compiuto nel coltivarsi. Dobbiamo perciò visualizzare la relazione che l’io stabilisce con le sue credenze, con i piaceri e le condotte. Il recupero e la riabilitazione dell’individualità, dei piaceri e dei dolori, delle inclinazioni, delle preferenze e del lavoro morale primario, che sta alla base di una scelta libera, è pertanto un problema fondamentale.
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Imperialismo e colonialismo
La superiorità tecnologica acquisita dai paesi europei grazie alla rivoluzione industriale consentì alle nazioni europee di dare vita alla stagione dell’imperialismo, ossia la creazione di imperi coloniali a spese dei popoli africani e asiatici. Tali colonie dovevano inoltre alimentare il sistema capitalista, desideroso sempre di nuovi mercati e di nuove fonti per le materie necessarie allo sviluppo delle nascenti industrie.
Le colonie fondate dalle grandi potenze non sono solo finalizzate allo sfruttamento economico, ma anche all’imposizione della propria egemonia, culturale e politica. L’espansionismo è, infatti, legato inevitabilmente anche al contesto filosofico e culturale dell’epoca, di stampo positivista, che vede gli europei come portatori di una sorta di missione civilizzatrice. Proprio in relazione a questo tema, Joseph Rudyard Kipling in una sua poesia parla di “fardello dell’uomo bianco”.
Dal punto di vista cronologico, la fase acuta del fenomeno si colloca solitamente tra la conferenza di Berlino (1884), data di inizio della cosiddetta scramble for Africa, e la prima guerra mondiale. Nel giro di cinquant’anni, tutto il continente nero cadrà nelle avide mani degli europei: Inglesi, Francesi, Tedeschi, Belgi, Portoghesi e, successivamente, Italiani. Tra le grandi potenze, l’unica assente di rilievo resterà l’Impero Austro-Ungarico.
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Canto di Natale di Dickens: la denuncia del mondo industriale
Canto di natale, racconto edito da Charles Dickens nel 1843, è notissimo per la sua capacità di smuovere anche gli animi di chi non è propenso al clima natalizio. Ma esso è innanzitutto una forte denuncia delle condizioni di miseria e di povertà in cui la maggior parte della popolazione dell’Inghilterra vittoriana riversava.
I progressi della rivoluzione industriale e le continue leggi emanate dai governanti per cercare di far fronte all’ “emergenza povertà”, non hanno fatto altro che continuare a peggiorare le condizioni dei più deboli. Basti pensare che lo stesso Dickens aveva lavorato da bambino in una fabbrica e che nel 1834 aveva duramente criticato la decisione di ammassare i poveri in “case lavoro”, costretti a ritmi lavorativi selvaggi e a paghe misere.
La prima edizione di Canto di natale, pubblicata nel 1843. Il libro ebbe un tale successo all’epoca che ne furono vendute 6000 copie. A fare da contraltare ci sono i ricchi, tutte quelle persone benestanti che hanno una dimora fissa e sempre la pancia piena e che raramente (anzi, quasi mai!) fanno qualcosa per aiutare il prossimo.
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Come migliorare la società: la nascita della Sociologia e Max Weber
Il grande progresso tecnologico e, in generale, delle conoscenze umane che si ebbe dalla fine dell’Ottocento si accompagnava ad una generale fiducia nei confronti delle scienze, ritenute capaci di risolvere ogni problema umano.
In questo periodo nacquero anche nuove scienze, come la sociologia.
Malgrado il termine “sociologia” sia del filosofo francese Auguste Comte, il primo tentativo di fondare il metodo della disciplina appartiene, invece, al suo connazionale Émile Durkheim. Questi, infatti, ne “Le regole del metodo sociologico” (1895) definisce proprio i fatti sociali.
Essi sono fenomeni nati dall’interazione, in un periodo lunghissimo di tempo, tra molti individui e sono quindi spiegabili solo a partire dalla società (da cui il loro nome). La sociologia secondo Durkheim non è altro che la scienza che studia l’insieme dei fatti sociali.
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Letteratura vittoriana
La letteratura vittoriana era molto diversa dal clima moralizzante dell’epoca. Abbiamo, ad esempio, romanzi dal sapore gotico come “Dr. Jekyll e Mr. Hyde” di Stevenson o lo psichedelico ante-litteram “Alice e il Paese delle Meraviglie” di Carroll.
Ma lo scrittore più emblematico è senza di dubbio Oscar Wilde: egli incarnò a pieno la figura del Dandy, l’artista decadente che va contro gli stilemi della società. Mentre la società diventa società “di massa”, con il diffondere delle mode, gli intellettuali cercano di lottare contro il conformismo e Wilde è sicuramente l’intellettuale inglese che meglio riesce in questo compito.
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